A cura di Mariano Gianola
Lettera del piccolo Roberto:
Ciao sono Roberto, ho 10 anni e sono un bambino
come tanti. Da grande voglio fare il dottore o il veterinario. Mi piace troppo
tutta la cioccolata e colleziono le figurine, e anche vorrei un cane.
Forse quando divento grande me lo compro in un
negozio di cani poveri.
Disegno sempre un cane che voglio.
Mi diverto tanto a giocare con le bambole di
mia sorella Debora, mi piacciono tanto le bambole con i capelli fatti di lana
che si fanno con i peli delle pecore. Ci gioco di nascosto quando mamma e papà
non mi guardano se no lo sai che si arrabbiano. Debora ogni tanto porta spia a
loro perché non vuole che io prenda le sue bambole. Ma io desidero giocare con
le bambole sue e che ci posso fare se non me le comprano a me. Che tristezza.
Poi mi comprano il pallone ma io non ci gioco spesso perché non mi piacciono le
partite e non mi piace quando mi dicono con che cosa devo giocare. Io non dico
agli altri cosa devono fare o a che cosa devono giocare. Però a Debora la fanno
giocare a pallone e a me non con le bambole. Volevo anche iscrivermi a danza.
Ho detto a mamma "perché non ci posso andare al
corso di danza???" e lei mi dice sempre che mi sgrida perché non è una che
hanno i maschi (perciò non mi fa giocare con le bambole). Mamma dice che io
sono maschio e che lo fa per il mio bene perché non mi fa diventare un bambino
sbagliato. Ma se mi vuole bene perché non mi fa giocare?? Chi dice che io
sbaglio?? Mamma mi dice che sbaglio ma non mi sa spiegare perché.
Papà cerca sempre di giocare a pallone con me
ma io mi scoccio un po' e lo faccio per farlo contento. Ma è contento lui e non
io e io non gli dico che mi scoccio se no si dispiace. Non capisco perché devo
giocare con cose che non amo.
Il gioco è mio e io devo giocare con le cose
che mi fanno felice e mi annoio di sentire sempre che mi dicono a casa gli zii
"mica giochi ancora con le bambole e i pupazzi??".
Nella mia mente dico : "in che cosa
sbaglio???", la mia famiglia non mi sa dire il perché non posso giocare con le
bambole, con i pupazzi e non posso iscrivermi al corso di danza, forse non lo
sa questo perché... e così ogni tanto mi nascondo e spero che non mi vedono, e
spero che tutti mi dimenticano per un po'... così almeno per un po' posso essere
me stesso.
Spero di capire perché un maschietto non può
giocare con le bambole o non può iscriversi a danza o giocare con i pupazzetti
tanto colorati.
Risposta a Roberto:
Caro Roberto,
Forse ciò che ti scrivo non lo comprenderai
completamente ora, ma quando sarai più grande.
Mi dispiace che tua sia triste, anzi
sofferente; posso immaginare come tu ti senta, proprio nell'età in cui dovresti
essere più felice.
Ti ho scritto subito per confortarti, penso che
tu abbia ragione. Dovresti essere libero di "giocare" con ciò che desideri; il
gioco per un bambino è "sacro" e dovrebbe essere l'espressione di ciò che gli
piace, dei suoi desideri, dei suoi bisogni e delle sue fantasie.
Dovresti essere libero di giocare con ciò che
scegli tu.
Il gioco è "gioco" e serve anche a diventare
grandi. Non dovrebbe avere limiti, a meno che non faccia del male a qualcuno. E
tu, non fai male a nessuno.
Oltre al conforto, come immagino, cerchi delle
risposte. Cercherò di farlo, piccolo Roberto.
Non esistono giochi per maschi e giochi per
femmine; come ho scritto prima, ogni bambino dovrebbe scegliere ciò con cui
giocare.
I tuoi genitori non sono cattivi, forse sono
solo poco informati sul mondo e sui desideri dei bambini e, secondo loro,
credono di fare il tuo bene.
Capisco come ti senti, posso immaginare la tua
sofferenza nel vedere negato o vietato ciò che ti piace, nel vedere negato te
stesso.
I giochi che ti piacciono, il tuo desiderio di
giocare con le bambole e di iscriverti al corso di danza, sono leciti
(significa che non fai nulla di "sbagliato").
Senza volerlo, sbagliano i tuoi genitori.
Ti spiego un po' che cosa succede nella loro
mente.
Tempo fa, degli adulti hanno stabilito che ci
fossero "giochi e cose da maschio" e "giochi e cose da femmina". Credevano ci
fosse questa forte divisione. Pensavano anche che le femmine fossero meno forti
dei maschi.
Ai tuoi genitori hanno insegnato anche come si
"devono comportare" i maschi e come si "devono comportare" le femmine.
Questa cosa è sbagliata; ognuno dovrebbe fare
ciò che sente e non ciò che gli dicono riguardo ai giochi e alle cose cui
piacciono.
Queste idee che dicono cosa fare ai maschi e
alle femmine sono diventate molto forti nei tuoi genitori, abitano da tanto
tempo nella loro testa e gli fanno pensare che il mondo è così "stretto":
maschi che fanno le cose da maschi e femmine che fanno le cose da femmina.
Ti consiglio di parlarne con una maestra, un
maestro, uno zio oppure con una persona adulta che conosci e di cui ti fidi
(che tu pensi ti possa capire). Magari, forse, quella persona può far capire ai
tuoi genitori che la libertà di espressione è una cosa bellissima.
Perché non provi anche tu a parlare con i tuoi
genitori? Parlagli e spiega a loro i tuoi desideri e, soprattutto, cosa senti
quando ti vietano di giocare con ciò che ti piace. Diglielo o magari
scriviglielo, come hai fatto con me. Prova a far capire loro ciò di cui hai
bisogno; forse i tuoi genitori si consiglieranno con qualche altro adulto
informato che possa aiutarli a capire che stanno, purtroppo, sbagliando (anche
se pensano di fare il tuo bene).
Gender variance: bisogni di un bambino negati da ideologie
pregiudizievoli
Questa richiesta di ausilio molto
significativa, esprime la condizione di disagio, frustrazione e sofferenza di
Roberto, un bambino gender variant al quale viene negata l'espressione
libera dei propri desideri, delle proprie passioni, del proprio modo di essere
e di giocare (cosa che dovrebbe essere garantita a ogni bambino). Prima di
spiegare il perché di tali negazioni, vorrei fornire chiarimenti rispetto al
significato del termine gender variant.
Gender variant è una condizione che indica, da un punto di
vista psicologico depatologizzante, le persone le cui manifestazioni del genere
sessuale non si collocano all'interno degli stereotipi di genere socialmente
condivisi. Ciò vuol dire che l'identità gender variant[1]
supera la concezione limitante e binaria del genere - che si sviluppa
all'interno di società fortemente genderiste - la quale stabilisce che i generi
possibili cui appartenere sono esclusivamente due, rappresentati da quello
maschile e da quello femminile.
In realtà, oltre questi due "generi", esistono
tantissime possibilità e sfumature che - in virtù della mancata collocazione
all'interno del binarismo di genere - sono definite "Varianze di Genere"
(Santamaria, 2014).
Le dimensioni del genere che si discostano da
quanto stabiliscono gli stereotipi sociali possono essere molteplici; ad
esempio, possono riguardare il genere che si percepisce come proprio (quello
nel quale ci si identifica da un punto di vista psicologico) oppure possono
indicare solamente espressioni e manifestazioni della propria identità (come,
ad esempio, bisogni, gusti, desideri) che non sono necessariamente legate
all'identificazione di una persona in un genere altro (differente da quello cui
una persona viene "ascritta" alla sua nascita e definito sulla base delle
caratteristiche legate al sesso biologico)[2].
Perché alle persone gender variant viene
contestato il proprio modo di essere e la propria identità attraverso alcune
negazioni/limitazioni che la società impone?
La condizione gender variant non è un
problema in sé; "viene posta come un problema" all'interno di società
fortemente genderiste. Infatti, persone gender variant sono, in molti
casi, vittime di discriminazioni, violenze ed esclusione sociale; ciò a causa
di ideologie[3] che
favoriscono la formazione di atteggiamenti intrisi di pregiudizi e stereotipi.
Le situazioni di intolleranza che si verificano
all'interno di contesti che bambini e adolescenti (ma anche adulti)
percepiscono come avversi[4]
possono essere la causa di disagi, traumi e distress di differente
natura (Lingiardi, 2007; APA, 2015): tra questi quelli psicologici, sociali,
emotivi e relazionali.
Soprattutto rispetto agli adolescenti, per
coloro che non si conformano alle aspettative sociali (genericamente intese),
la scuola diviene il luogo principale nel quale si verificano episodi di
sopraffazione, violenze e bullismo le cui cause sono da rintracciare nel mancato
adeguamento agli standard sociali richiesti (Marini F., Mameli
C., 2004).
Il discorso sulle identità gender variant
è molto complesso e articolato; le conseguenze negative delle discriminazioni
che possono incombere sul minore sono differenti a seconda di una serie di
fattori quali contesto, situazione specifica e caratteristiche della persona
cui risulta essere la vittima. In relazione a ciò, risulta importante
specificare come, in molti casi, tempeste ideologiche - prive di fondamenta e
validità scientifica - imperversano sulla psiche e sull'emotività di vittime
ingiustificate, creando danni significativamente deleteri.
Permettetemi una specificazione. Non me ne
vogliate, la lettera che avete letto non è reale; ho cercato di riprodurre una
ipotetica richiesta di ausilio fatta da bambini che vivono situazioni di
disagio a causa dello stigma sociale che viene loro associato e della
privazione della libertà cui fanno esperienza quotidianamente. Mi sono basato
sull'esperienza di minori che hanno vissuto simili situazioni (con i quali ho
lavorato come operatore sociale). Il suo utilizzo, quindi, assume una valenza
strumentale finalizzata alla descrizione di alcune dinamiche di sofferenza che
caratterizzano persone costrette a vivere all'interno di "copioni socialmente
diffusi".
Lingiardi, V. (2007), Citizen
gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale. Milano. Il Saggiatore.
Marini, F., & Mameli, C.
(2004), Bullismo e adolescenza, Roma, Carocci.
Santamaria, F. (2014), Bambini
e adolescenti gender variant: chi sono veramente?. In: A cura di Valerio, P.,
Scandurra, C., & Amodeo, A. L. (2014), Appunti sul genere. Riflessioni
sulle linee-guida di intervento psicologico e dintorni, Napoli, Edizioni
Ordine Psicologi della Campania, Stampa: Diaconia Grafica e Stampa.
American Psycological
Association (APA) (2015), Guidelines for Psychological
Practice with Transgender and Gender Nonconforming People,
http://www.apa.org/practice/guidelines/transgender.pdf
[1]Le persone gender variant possono essere
collocate all'interno del termine inclusivo transgender e gender
nonconforming (TGNC), il quale indica differenti persone il cui genere non
è considerato pienamente in linea con le caratteristiche del sesso biologico
possedute alla nascita. Per ulteriori chiarimenti consultare le linee guida
dell'American Psycological Association riferite al lavoro psicologico con
persone TGNC (American Psycological Association, 2015,
http://www.apa.org/practice/guidelines/transgender.pdf).
[2]L'American Psycological Association (APA)
all'interno del documento che stabilisce le linee guida per i professionisti
che operano in campo psicologico con persone TGNC, citato nella nota
precedente, riporta un'appendice con la differente terminologia da usare in
relazione a persone transgender e gender nonconforming; tali
termini sono anche indicativi delle differenti dimensioni che possono
riguardare le persone la cui identità di genere risulta essere differente
rispetto a quella assegnata alla nascita (basata sul sesso biologico
riconosciuto al neonato). Per ulteriori approfondimenti, consultare: American
Psycological Association (APA) (2015, http://www.apa.org/practice/guidelines/transgender.pdf, pp 51-54.
[3]Un esempio concreto di tali ideologie è
rappresentato dall'ideologia gender la quale - riflettendo una serie di
pregiudizi e di stereotipi infondati - afferma che il genere può assumere
solamente una concezione binaria la quale esclude, a priori, tutte le altre
forme cui una persona può collocarsi.
[4]Tra questi, ambienti sociali nei quali prevale
una cultura genderista ed eterocentrica.