1. Contenuto della pagina
  2. Menu principale di navigazione
  3. Menu di sezione
 

Contenuto della pagina

L’odio uccide

Immagine di Sarah Hegazi


A cura di Carmela Ferrara

Il 13 giugno 2020 Sarah Hegazi si toglie la vita. Sarah era una giovane donna egiziana, che nella sua Bio di Instagram si definiva super comunista, super gay e femminista. Tre anni fa era stata arrestata insieme a un amico per aver sventolato una bandiera arcobaleno in occasione di un concerto a Il Cairo, il cantante della band era apertamente omosessuale. In prigione Sarah ha subìto violenze fisiche e psicologiche e, una volta rilasciata su cauzione, si reca a Toronto per richiedere asilo in Canada per la sua identità, probabilmente per la sua identità intersezionale, perché, oltre ad essere apertamente lesbica, Sarah era un’attivista a 360°, contro il patriarcato e il capitalismo, era atea e comunista. La persecuzione delle persone LGBTI in Egitto pur essendo praticata non affonda le sue radici in una norma giuridica, infatti nella Repubblica Araba d’Egitto non vi è una legge che criminalizzi apertamente i comportamenti omosessuali, ma vengono applicate norme come quella contro la dissolutezza o l’immoralità abituale.
L’odio verso le persone LGBTI può manifestarsi a vari livelli. Nel caso dell’Egitto si può parlare di odio istituzionale, pur non essendo esplicitamente previsto dall’ordinamento giuridico. Generalmente si parla di omofobie di stato quando la legge istituzionalizza l’odio verso le persone LGBTI, prevedendo sanzioni pecuniarie, l’incarcerazione o la pena capitale.
Sarah, come molte persone che provengono da contesti in cui vivere apertamente da persone LGBTI vuol dire rischiare di essere perseguitato, si è recata in uno stato in cui potesse avere la possibilità di vivere la propria vita liberamente. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha redatto delle linee guida in materia di riconoscimento della protezione internazionale per motivi di orientamento sessuale e/o identità di genere in virtù dell’incremento delle richieste di asilo da parte di persone LGBTI perseguitate nei loro paesi di provenienza. Le comunità LGBTI occidentali infatti vedono la presenza crescente di persone con un background migratorio e spesso al loro interno presentano gruppi o servizi specifici per supportare migranti, apolidi, richiedenti asilo e rifugiati.
L’Italia, secondo il Rainbox Index, indice di “inclusione politica” delle persone LGBTI messo a punto dalla sezione europea dell’International LGBTI association (ILGA Europe) presenta un punteggio pari al 23%. Nella sezione Asylum il nostro Paese presenta una carenza di policy e altre misure positive per motivi di orientamento sessuale e/o identità di genere e registra l’assenza di una legge per le persone intersex. L’indice include una moltitudine di variabili, tra cui la presenza/assenza di una legge di contrasto alla lesbo-omo-bi-transfobia (o lesbo-omo-bi-transnegatività). Questo vuol dire che non sussiste alcuna aggravante per un soggetto che aggredisca una persona a causa della sua identità di genere, espressione di genere, orientamento sessuale o caratteristiche sessuali. Tra le forme attraverso cui l’odio può manifestarsi, infatti, oltre all’istituzionalizzazione vi è una dimensione sociale. In Italia, malgrado non sia possibile perseguitare le persone LGBTI per legge, quotidianamente si registrano episodi di violenza fisica, verbale, sessuale ai danni delle persone LGBTI per la loro identità sessuale. Sovente sono le donne transgender ad essere maggiormente marginalizzate, aggredite, uccise. L’odio che uccide non è soltanto quello praticato dalle istituzioni pubbliche.
Una cultura cis-eteronormata e patriarcale legittima la violenza di genere contro le minoranze di genere e sessuali e genera nelle/nei survivors un minority stress che può condurre alla morte fisica o sociale. Gli episodi di giovani LGBTI cacciati di casa o bullizzati a scuola sono all’ordine del giorno, mentre l’intimate partner violence nelle coppie omosessuali resta un argomento di cui si parla ancora molto poco. Questa è la Pride week, a 51 anni dai moti di Stonewall.
Dopo il lockdown dovuto all’emergenza sanitaria da covid-19 a Napoli si terrà il Pride sottoforma di flash mob. Quest’anno la manifestazione sarà dedicata a Sarah Hegazi e a tutte le persone perseguitate a causa della loro identità sessuale. La lesbo-omo-bi-transnegatività ha tante facce e genera sempre nelle persone che la esperiscono solitudine, senso di inadeguatezza, sofferenza e finanche odio per se stesse.
L’avanzamento giuridico è uno dei campi nei quali intervenire per garantire pari dignità alle persone LGBTI, ma non basta. Occorre promuovere una cultura delle differenze nelle scuole, nei media e in ogni sfera della vita sociale.  

Riferimenti bibliografici e sitografici
Ferrara C. (2019) Orientamento sessuale e identità di genere immigrazione e accoglienza
https://www.ilga-europe.org/rainboweurope/2020 https://napolipride.org/2020/comunicati-stampa/205-napoli-pride-2020-dedicato-alla-giovane-sarah-hijazi?fbclid=IwAR29BpkXjQrZyTzUCvJkhPKY8Dttb0GVLbeLHcWnO__h_u3UE_dl0k3qJzQ
UNHCR (2008) UNHCR GUIDANCE NOTE ON REFUGEE CLAIMS RELATING TO SEXUAL ORIENTATION AND GENDER IDENTITY, https://www.unhcr.org/protection/migration/585ab0ef4/unhcr-guidelines-lgbt.html 

 

 

 

 
 

© 2013 - bullismoomofobico.it