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L'educazione sentimentale attraverso il pornografico - violento e sessista.

A cura di Paola Parisio

Il termine pornografico significa letteralmente disegnare, rappresentare l'atto sessuale. Come atto ha origini molto antiche, sia nel mondo occidentale che orientale, ma è soprattutto in Grecia che ritroviamo le prime raffigurazioni erotiche che probabilmente sono a cavallo tra "storiografia" e "utilizzo estetico per l'eccitazione in sé" che arrivano a noi come sostrato culturale in occidente. A Napoli soprattutto per il florido repertorio conservatosi e recuperato a Pompei; al Museo Nazionale c'è un enorme ala completamente dedicata alle immagini delle lupanare, non sempre aperta al pubblico. Pare dunque che del pornografico non si possa proprio fare a meno. Nelle rappresentazioni greche, come in quelle cinesi, i corpi maschili dominano spesso quelli femminili. La funzione eccitante dell'immagine ha sempre funzionato ma c'è da chiedersi se le fantasie amorose che possono nascere nelle coppie sono ormai "traviate" dalla vendita di fantasie preconfezionate! Secoli fa, ciò che succedeva in un incontro amoroso veniva, dopo, rappresentato: per souvenir forse? E oggi? Perché la nostra fantasia non funziona più? Serve un ausilio esterno che ci indichi "com'è bene eccitarsi"? Il termine "pornographie" è stato coniato nel 1769 da La Bretonne. Circa dieci anni dopo de Sade pubblicava "La nouvelle Justine et le malehure de la vertù", libro che lascia scivolare nero su bianco la perversione del libertinaggio dando a quelle immagini legalità trascritta. Si stava, probabilmente, facendo una critica al bigottismo religioso ma non credo che sia stata l'unico risultato raggiunto. Da donna, leggere quelle pagine mi provoca un dolore sconosciuto. Forse sono i fantasmi delle paure delle donne che rivivono durante la lettura rievocati proprio dalla mia voce interiore. Questo è il primo punto sconcertante. Di fatto non ho finito di leggerlo. Senza mezzi cinematografici, la rappresentazione di un sesso esterno, estraneo all'incontro d'amore proprio è stata fatta attraverso racconti letterari e pitture di tutti i tipi. Con il cinema inizia un'altra era. Il mercato pornografico, com'è stato detto nell'articolo di un po' di lune fa, è uno dei mercati-motore dell'economia globale, insieme a quello farmaceutico, ma a che punto siamo oggi? La rappresentazione subalterna della donna, purtroppo, non è solo veicolata dal pornografico, ma anche dai film. Cosciente della differenza tra un film e un porno, provoco una riflessione che " prenda come punto di partenza il modo in cui il film riflette, rivela, o anche mette in scena fedelmente, l'interpretazione socialmente stabilita dalla differenza sessuale che controlla le immagini, i modi di guardare erotici, lo spettacolo"[1]. La teoria psicanalitica è una potente arma politica per indagare in che misura i rapporti tra i sessi sono inconsciamente costruiti sulla visione eterosessista e violenta del patriarcato. La donna simbolizza la minaccia di castrazione e l'uomo il potere del fallo. Per questo le immagini in cui la donna ha potere - o l'uomo non rispetta i canoni di una virilità presunta - non funzionano sulla pellicola. È difficile vedere un film in cui alla "donna" non vengano affibbiate etichette e ruoli che infastidiscano la Legge e il Linguaggio fallologocentrico. Ancora di più è trovare un omosessuale che non sia raccontato come una donna. In film non pornografici spesso lo "sguardo", pornografico, sul corpo della donna non è risparmiato. Lo spettatore - e la spettatrice- si trovano spesso catapultati, insieme al protagonista a guardare le movenze sessualizzate della donna in scena. La modalità pornografica è intrinseca, ormai, nello sguardo sulla donna. Per gli uomini e per le donne. Purtroppo questo tipo di ruolo nella pornografia, è lo stesso con cui la donna è rappresentata anche nella realtà. Niente nel porno pensa al desiderio e al piacere della donna. Il modo di inquadrare, la durata del rapporto (un coito breve e pro-forma, un corpo che masturba il corpo dell'uomo dominante ), la subordinazione e violenza inflitta al corpo femminile, è tutto molto lontano da un pensiero sul sesso che includa un pensiero sull' incontro di piaceri e desideri. La donna castrata serve all'uomo fallico come mezzo per raggiungere la eiaculazione, punto. Quello che mi interessa in questo momento non è tanto ciò che è stato fatto - inevitabilmente sembra - finora ma ciò che solleva non poche preoccupazioni: cioè l'effetto devastante che il porno d'oggi, sempre più violento e degradante per la donna (che oltre ad una critica sessista può intersecarsi con una critica razzista), può provocare come frattura catacombale, nel rapporto tra il giovane maschio e la giovane femmina. A questo punto non mi interessa pensare all'orientamento sessuale di ciascuno e ciascuna, ma pensare al ruolo sociale, al rispetto e alla conoscenza del primo Altro da noi, cioè l'altro sesso. Cosa impara il ragazzino di più o meno dieci anni visualizzando le scene ormai alla portata di tutti sul web? E soprattutto, cosa impara la ragazzina, avvicinata dalla curiosità o dal consiglio di qualcuno, vedendo impresse sulle sue cornee immagini di violenza e acquiescenza nei confronti di ciò che vede subire dalla pornostar? "Il cinema soddisfa una voglia primordiale di guardare con piacere, ma va anche oltre, sviluppando la scopofilia nel suo aspetto narcisistico... la curiosità e la voglia di guardare si mescolano con una fascinazione della somiglianza e del riconoscimento: il volto umano, il corpo umano, il rapporto tra la forma  umana e ciò che la circonda, la presenza visibile della persona nel mondo"[2] non possono essere considerati esclusi dalla costruzione del mondo interiore, della culla del proprio desiderio. La fase dello specchio è il passaggio fondamentale per il/la bambino/a per la formazione del sé: è importante il fatto che sia una immagine a costituire la matrice dell'immaginario, del  riconoscimento/ misconoscimento e dell'identificazione, e quindi della prima articolazione dell'io, della  soggettività. Come integrare l'immagine che si vede sullo schermo con l'immagine fluttuante ed eterea che si ha di sé? Credo sia facile ammettere la maschilità e la violenza del porno, facendosi la semplice domanda (senza mistificare e condannare il bisogno di eccitarsi con un mezzo esterno): come sarebbe il porno femminile? che tipo di piacere si rappresenterebbe? Fare l'amore è una cosa intensa, intima, specifica, personale. Da una parte non si può parlare d'amore dei corpi (nelle scuole ad esempio), dall'altra i e le giovani possono approdare a queste isole di delirante violenza spacciata per piacere senza poter confrontarsi né con il mondo degli adulti, né con i propri partners se non riproducendo meccanicamente un rapporto di potere per "imitazione", che nuoce gravemente alla salute, psichica e fisica. Ogni atto, come qualcosa che nasce, viene prima pensato. Pensare all'amore nei termini del pornografico è come distruggere l'unione con l'Altro prima ancora di sapere cosa essa significhi. Come frenare questa caduta libera?   Non sarebbe compito degli adulti rendere possibile la libertà di immaginare mondi di incontri pacifici e rispettosi per i giovani amanti?    

Bibliografia:  
De Sade, La nouvelle Justine   Opuscolo autoprodotto di un collettivo femminista    
PIACERE VISIVO E CINEMA NARRATIVO Laura Mulvey Nuova DWF, n.8 Luglio-Settembre 1978. Da Screen, 16 n. 3 (Autunno 1975). Questo saggio è una versione rielaborata di una relazione tenuta al French Department  della University of Wisconsin, Madison, nella primavera del 1973, trad. it. di D. Lodi. 
[1] PIACERE VISIVO E CINEMA NARRATIVO Laura Mulvey Nuova DWF, n.8 Luglio-Settembre 1978. Da Screen, 16 n. 3 (Autunno 1975). Questo saggio è una versione rielaborata di una relazione tenuta al French Department  della University of Wisconsin, Madison, nella primavera del 1973, trad. it. di D. Lodi.  [2] ibidem

 

 

 

 
 

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