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Binarismo di genere: fin dove possono spingersi le sue conseguenze?

Persone manifestanti al Pride


Binarismo di genere: fin dove possono spingersi le sue conseguenze?  

A cura di Camilla Esposito  

Veniamo al mondo con un sesso, e con un nome che lo rispecchia. L'umanizzazione del nascituro sembra realizzarsi nel momento in cui si risponde alla domanda “E' un maschietto o una femminuccia?”. Ma cosa accade se la risposta a questa domanda non è così ovvia?
Le persone intersessuali (persone i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili), secondo alcune stime, rappresentano tra lo 0,5 e l'1,7% della popolazione mondiale.
Su questi bambini la medicina quasi subito interviene chirurgicamente, come a non poter sopportare che un individuo non abbia esattamente tutte le caratteristiche in regola per potersi dire veramente e giustamente maschio o femmina. Si definisce binarismo di genere quella rigida distinzione tra maschile e femminile, uomo e donna, da cui deriva una altrettanto rigida aspettativa su quali debbano essere i comportamenti, gli atteggiamenti, l'aspetto, l'abbigliamento, i compiti di uomini e donne, chi debbano amare. Da ciò scaturisce l'impossibilità di alcuni a riconoscersi ed essere riconosciuti in categorie così astringenti e rigide di essere uomini e donne.
Abbiamo deciso, a tal proposito, di riportare qui una storia, che riguarda una persona né trans né intersessuale, ma potremmo definirla una allegoria di esse. Si tratta di David Reimer, la cui vicenda è nota come il “caso di Joan/John”. David nacque nel 1965 in Canada come maschio, ma ad un certo punto della sua infanzia divenne Brenda. A David e a suo fratello gemello fu diagnosticata la fimosi, condizione patologica per la quale il glande è completamente coperto dal prepuzio, provocando anche difficoltà nell’urinare.
David fu sottoposto ad una semplice operazione, realizzata però con nuove apparecchiature, il cui malfunzionamento portò a bruciare quasi completamente il pene del bambino. Dopo circa un anno i genitori vennero a sapere del dottor John Money, che si occupava di chirurgia intersessuale e transessuale a Baltimora. Il medico persuase i genitori di David che il bambino potesse essere socializzato con un genere diverso da quello della nascita, cresciuto, insomma, come una donna.
Tra gli otto e i dieci anni David, a questo punto Brenda, manifesta di non sentirsi una ragazza. Questa consapevolezza coincise con una serie di accadimenti: la scelta di giocattoli da maschio, il desiderio di orinare in piedi, minacce da parte di compagne di scuola che glielo avevano visto fare. Nessuno riuscì a convincere Brenda a prendere estrogeni e a proseguire quel percorso che le prometteva di avere un giorno una vagina. A questo punto Brenda passò alla supervisione e ai trattamenti di un’altra equipe di medici, quella del dottor Milton Diamond. L’idea di Diamond era che l’identità di genere avesse una natura ormonale, biologica.
Questi medici permisero a Brenda di invertire il suo percorso: a quattordici anni Brenda cominciò a vivere come un ragazzo. David chiese di assumere ormoni maschili e che gli venissero asportati i seni. Intorno all’età di quindici anni gli fu ricostruito un fallo, che solo approssimativamente rispondeva alle normali funzioni, permettendogli dunque di accedere solo in maniera ambivalente alla norma. Ma David necessita di questa norma? O cerca solo di rispondere alle aspettative di un interlocutore, e di una cultura, che sembra costantemente chiedersi e chiedergli: “è abbastanza femminile questa persona? Ha raggiunto la femminilità? La incarna in modo appropriato? L’incarnazione sta funzionando?”. Anche quando Brenda descrive il suo desiderio di giochi “maschili”, in realtà chi o cosa stabilisce che questa sia la prova della sua appartenenza al genere sbagliato? Non si inserisce forse in quel più ampio bacino dato dalle norme che dettano il dimorfismo sessuale e di genere? Non si inserisce forse in quel linguaggio già saturo di norme? Nel maggio del 2004, all’età di trentotto anni, David muore suicida. Non si è saputo rispondere a proposito di cosa abbia reso la sua vita invivibile. Evidentemente, però, le norme che hanno stabilito come dovesse essere una vita degna e riconoscibile, le stesse che decidono come debba essere un corpo femminile e come uno maschile, quali debbano essere i comportamenti di un uomo e quali quelli di una donna, quali gli atteggiamenti, quali i desideri, quali le persone da amare, non hanno invece sostenuto quella di David.

BIBLIOGRAFIA

 - DIAMOND M. & SIGMUNDSEN K. (1997), “Sex Reassignment at Birth: A Long-Term Reviewand Clinical Implication”, Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine, marzo.
 - BUTLER J. (2004), La disfatta del genere, Meltemi Editore, Roma, 2006.

 

 

 

 
 

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