testata per la stampa della pagina

Finché c'è vita c'è speranza

di Giovanni Barra

L'idea di iscrivermi all'università non l'ho mai abbandonata interamente. È rimasta sempre fra i miei pensieri.
Completai gli studi diplomandomi come operatore turistico ad Afragola all'istituto professionale per i servizi commerciale e turistici nel 1999. Dopo il diploma iniziai la prima esperienza lavorativa presso l'azienda agricola di mio padre. Essendo il figlio del padrone tutto facevo tranne che disegnare un mio profilo sociale, economico e politico, per affrontare altre, differenti esperienze nel campo lavorativo. Avevo 18 anni, quando mio padre mi comprò l'automobile. Era un segno gratificante, una promessa fatta e mantenuta, perché gli avevo riportato la soddisfazione in famiglia, mettendo in mostra il diploma. Per mio padre ero l'unico figlio in famiglia a raggiungere un traguardo così importante come l'attestato di maturità.
Feci anch'io una promessa, ma non la mantenni come mio padre. Gli dissi che mi immatricolavo alla facoltà di giurisprudenza. Mio padre già vedeva un buon avvocato nella sua azienda. Ero giovane, spensierato e amante della vita. Rimandavo quasi sempre, il discorso immatricolazione, ogni qual volta mio padre me lo chiedeva, rispondevo che c'era tempo. Oppure avevo paura che l'università non era vita per me.  Mi ero dedicato ad altre cose. Viaggiavo molto. Con la scusa del lavoro che svolgevo, sperperavo i soldi dell'azienda. Fin quando un giorno mio padre mi invitò a dimettermi dal consiglio di amministrazione.
Il paese in cui abitiamo è piccolo, e l'ambiente è prevalentemente contadino. I giovani che se ne sono andati non hanno fatto più ritorno. Il mio paese, ancora oggi, offre pochissime scelte. L'unico punto di ancoraggio è la parrocchia che regna, anche rispetto al Comune in ambito politico e sociale. Abito a Carditello che è una frazione di Cardito. Nonostante tutto non mi sono mai tirato indietro. Avevo conservato dei soldi, li usai per aprirmi un negozio di telefonia e accessori. L'attività andò abbastanza bene, fino all'arrivo della crisi economica che ha colpito mezzo mondo. Con i soldi investiti ne guadagnai altri da potermi comprare un auto nuova, e avere la forza di comperarmi anche lo stabile dove pagavo l'affitto.
Il successo, poi il potere, arrivò tutto insieme, i miei momenti di gloria. Gli amici, i viaggi, la passione per le donne, avevo tutto a portata di mano. Quando all'improvviso venni investito da un mal di pancia fortissimo. Iniziai a dimagrire vertiginosamente, dalla paura e dal male incontrastato. La diagnosi che fecero i medici evidenziarono un cancro all'intestino tenue. La notizia mi stordì a tal punto da non riuscirci a credere. Avevo 29 anni nel bel mezzo della vita. Ero sconvolto, non ci potevo credere. Piangevo e mi dimenavo dalla disperazione. Pregai Dio con tutte le mie forze. Ero un ragazzo sincero e contento, ho accettato la mia disabilità sin dalla nascita. Ma Dio non poteva chiamarmi a sé ora, non ero pronto alla morte. Avevo una paura tremenda. Dovetti affrontare un tunnel lungo un eternità. Ebbe inizio un duro calvario. Subii tre operazioni chirurgiche. Alla fine di tutto ciò ne uscii vittorioso e felice. Ero vivo e rinato. Come se mi fossi appena svegliato, dopo un brutto incubo. Anche con qualche cicatrice in più, l'importante è sorridere ancora.
Ci tengo alla mia vita più di ogni altra cosa. Nel frattempo, però, dovetti abbandonare gli affari. Il tempo di ripresa per la guarigione fu dichiarato dai medici abbastanza lento. Non riuscii a trovare nessuno che poteva sostituirmi quando mi trovavo in riabilitazione. Tutto il lavoro fatto con le mie forze, andò in frantumi. Non ero più nessuno. Rimasi da solo seduto in carrozzina, fissando lo sguardo verso il mio negozio chiuso. Scrutavo l'orizzonte, tutte le mattine, sembrava che la mia alba non sorgeva mai. Passò la mia tempesta. Spazzò via ogni cosa, soprattutto il tenero affetto che avevo costruito, meticolosamente, sin dalla mia infanzia, con la mia carissima amica. La bufera non mi risparmiò neanche questo. E tutto ciò che si salvò fu il modulo d'iscrizione universitario che avevo custodito per anni e anni nel mio cassetto.
Tramite i mezzi di comunicazione multimediali, riuscii a contattare il Centro SInAPSi, che si trova a Napoli, all'interno dell'Ateneo Federico II. Ecco il motivo per cui mi trovo qui, a raccontare la mia storia per la newsletter. Perché dopo una semplice telefonata che feci nel chiedere informazioni sulla facoltà di Sociologia, dove sono attualmente iscritto, sono stato accolto in maniera eccezionale. Grazie ai responsabili qualificati di questa struttura che provvedono all'aiuto e al servizio funzionante verso le persone con disabilità. Ricordo i primi colloqui, fu singolare portare un po' di esperienza della mia vita vissuta a giovani volontari che ci aiutano soprattutto nell'affrontare anche le minime cose.
Ecco, io credo che nessuno viene scelto per un motivo qualsiasi nella vita. C'è un tempo per ogni cosa, solo sperimentando il cammino ci si accorge quanto è importante la scelta che facciamo. Ora è iniziata un'altra mia avventura, lo studio della Sociologia. A dire il vero non ho un obiettivo preciso da raggiungere. Voglio semplicemente capire il fascino del mondo universitario. Confrontandomi con la scienza del sapere. Consapevole, per ogni esame superato, con successo o meno, che esso non sarà mai l'ultimo. Perché gli esami nella vita non finiscono mai.