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Ricadute psicologiche della diagnosi tardiva di Disturbo Specifico dell'Apprendimento negli studenti universitari. Spunti di riflessione

di Alessandra Ricciardi Serafino de Conciliis

A seguito dell'emanazione della legge 170/10 nel Centro SInAPSi è stato costituito un servizio specifico di accompagnamento al percorso universitario rivolto agli studenti con DSA. Negli anni c'è stato un progressivo aumento delle richieste di supporto, ma in particolare sono aumentate sensibilmente le richieste degli studenti che hanno ottenuto una diagnosi solo in età adulta.
Sono giovani che in seguito alla diffusione dell'informazione sui disturbi specifici dell'apprendimento, scaturita dall'eco mediatica che ha seguito l'entrata in vigore della legge 170, si sono riconosciuti nelle testimonianze delle persone con dislessia e in autonomia hanno deciso di chiedere un approfondimento diagnostico per i DSA. Sono giovani che hanno vissuto con malessere gli anni della scuola, pur impegnandosi non hanno mai sentito di essere valutati effettivamente per le loro capacità. Ritenuti spesso sfaticati, distratti o poco intelligenti sono cresciuti con la convinzione di essere "sbagliati". In alcuni casi anche le loro relazioni familiari non sono state soddisfacenti e sono state compromesse dall'andamento scolastico. Sono persone che non si sono mai arrese e, pur con grande sofferenza e fatica, hanno sopportato umiliazioni e incomprensioni. La fine del percorso scolastico è per queste persone una liberazione, ma nonostante l'infelice esperienza scolastica hanno voglia di intraprendere uno studio universitario.
Per questi giovani adulti aver ascoltato le testimonianze di alunni e di genitori di bambini con DSA ha aperto una possibilità di trovare un senso alla loro fatica e in base a ciò hanno iniziato a cercare in rete informazioni più precise e si sono informati sui centri a cui rivolgersi per avere una diagnosi. I primi studenti che si sono rivolti al nostro servizio hanno effettuato la diagnosi fuori regione, a testimonianza di una grande motivazione e determinazione, ma negli ultimi due anni sono aumentate le diagnosi effettuate presso le ASL di appartenenza, visto la recente diffusione anche nella nostra regione di servizi di diagnosi per i DSA in età adulta. Giungere all'università con una diagnosi significa ritrovare slancio e motivazione verso gli studi, ma l'esperienza di lavoro maturata in questo campo ha mostrato che non sempre le cose sono così semplici come ci si potrebbe immaginare, anzi le richieste sono spesso ambivalenti, il lavoro di supporto risulta ostacolato da forti resistenze.
Lavoro come psicoterapeuta all'interno di un gruppo di lavoro multidisciplinare che ha come obiettivo la personalizzazione del percorso di studio universitario, per tutti gli iscritti che ne hanno diritto. L'equipe di lavoro è composta da diversi professionisti della psicologia, della pedagogia e della tecnologia assistiva, in modo che l'intervento proposto possa contemplare una gestione ampia delle eventuali questioni poste dagli studenti. Personalizzare il percorso di studi significa che per ogni studente viene pensato, organizzato e realizzato un progetto costruito sulle singole peculiarità, è un lavoro artigianale che si inserisce tra lo studio in autonomia dello studente e la libertà della valutazione dell'esame da parte del docente.
Le fasi della progettazione sono quattro. La prima è quella di accoglienza dello studente e della sua richiesta di supporto, in questa fase si raccoglie il materiale diagnostico che lo studente presenta e lo si utilizza per comprendere quali difficoltà possono presentarsi in base al percorso di studi universitario scelto dallo studente. Sulla scorta di questa valutazione si accede alla seconda fase della progettazione, quella della consulenza, in cui lo studente viene invitato ad attivare le sezioni della pedagogia e/o tecnologia e/o counselling, per comprendere quali possono essere le strategie da attivare in suo favore. Conclusa la fase delle consulenze, l'equipe, come terzo momento, predispone un progetto, cioè l'insieme strutturato degli interventi da realizzare per supportare l'apprendimento e la realizzazione delle prove di esame, e individua tra i propri operatori un referente di progetto, Case manager, che si interfaccia con lo studente per qualsiasi problematica. Infine il progetto viene presentato allo studente che può accettarlo tutto o in parte e proporre eventuali modifiche.
Di solito il primo impatto degli studenti con i nostri servizi è caratterizzato da grande entusiasmo e voglia di fare, ma, di fatto, osserviamo che non sempre la possibilità di usufruire della personalizzazione del percorso universitario viene vissuta serenamente. È il caso di molti giovani con una diagnosi di dislessia fatta in ritardo o che, seppur fatta in età pediatrica, non è stata utilizzata durante il percorso scolastico della scuola secondaria di primo e secondo grado. Questi studenti presentano molte più difficoltà ad avvantaggiarsi degli strumenti compensativi e dispensativi di cui necessitano, rispetto agli studenti che hanno ricevuto una diagnosi di dislessia tempestiva e hanno ricevuto i trattamenti adeguati durante il percorso di studi precedenti.
Capita, infatti, che gli studenti incorrano in una serie di atti mancati che di fatto impediscono di vivere con successo il percorso universitario. Ad esempio ci sono studenti che dimenticano di prenotare un esame, o di attivare per tempo uno dei servizi necessari per la realizzazione dell'esame, altri non riescono a utilizzare i softwareche in fase di progettazione erano stati individuati, provati e accettati. Altri invece spariscono completamente dai nostri servizi per poi chiedere improvvisamente che vengano messe in atto le diverse azioni previste dal progetto in maniera urgente perché non sono riusciti a fare da soli. Sono situazioni in cui lo studente sperimenta un fallimento, e attribuisce la causa a fattori esterni fortuiti come distrazione, interventi scorretti di altri, poca tempestività degli operatori dei servizi, poca disponibilità dei docenti nei loro confronti.
Queste situazioni sono abbastanza frequenti e possono protrarsi nel tempo, fino a divenire delle vere e proprie situazioni di stallo che, se non affrontate adeguatamente, portano gli studenti con dislessia a rinunciare al proprio percorso di studi. In questi casi ilCase Manager, su segnalazione dello studente in merito alle difficoltà che incontra nella realizzazione del percorso universitario, invita lo studente a ripensare al proprio modo di agire e suggerisce di attivare lo spazio del counselling, in modo da riflettere sulla situazione di impasseche impedisce di accedere con serenità alle soluzioni individuate e proposte.
La maggior parte degli studenti accetta di buon grado l'intervento di counsellingpsicologico e lo attiva in breve tempo, altri invece impiegano più tempo prima di iniziare i colloqui. Lo spazio del counselling è organizzato secondo l'orientamento teorico psicodinamico e si articola in 4 incontri a cadenza settimanale. Nello spazio di counselling trova ascolto il mondo relazionale ed emotivo dello studente, attraverso la concretezza del problema lamentato, si offre al/la giovane un nuovo vertice di osservazione delle situazioni secondo le dinamiche emozionali e relazionali, promuovendo così una riflessione sulle resistenze che egli/ella vive nel confronto con il mondo universitario. Dietro questa difficoltà specifica molto frequentemente si trova il disagio emotivo sperimentato nel mostrare a se stessi e agli altri la necessità di beneficiare di un ausilio per superare un impedimento dato dal DSA. Quindi l'eventuale uso del pc, del tempo aggiuntivo, di prove di esame equipollenti o qualsiasi altra forma di intervento previsto, vengono vissuti come un fallimento personale, come se utilizzare questi ausili significasse non essere sufficientemente capaci di essere studenti universitari competenti, e finissero per dare ragione a tutte le persone che durante gli anni di scuola precedenti avevano ribadito la loro inadeguatezza allo studio.
La bassa autostima scolastica mina seriamente la possibilità di mettersi in gioco nel percorso universitario, anche quando l'aver avuto finalmente una diagnosi di DSA, che spiega le difficoltà incontrate, viene accolta con sollievo. Tutti questi giovani, pur avendo compreso che le difficoltà fino ad allora incontrate non dipendevano da uno scarso impegno o dalla presunta stupidità, trovano molto doloroso emotivamente dover accettare una serie di mediatori e facilitatori per poter studiare e superare gli esami con minore fatica e maggiore soddisfazione. A questo si deve aggiungere che una buona parte di questi studenti ha un disagio emozionale che coinvolge molte più aree oltre l'autostima scolastica, fino a sfociare, in alcuni persone, in un sentimento di inadeguatezza generale che si manifesta come una vera e propria depressione clinicamente significativa.
Eppure questi giovani potrebbero essere studenti bravi, in alcuni casi brillanti, se solo utilizzassero le risorse messe a disposizione. Nel mio osservatorio specifico, e per questo privilegiato, ho potuto notare alcune differenze cliniche che sono in stretta correlazione con alcuni fattori evolutivi che influenzano in maniera considerevole la possibilità di avvantaggiarsi della personalizzazione della modalità di apprendimento e delle verifiche, come l'atteggiamento dei genitori, dei singoli insegnanti e del gruppo di pari nei confronti delle difficoltà incontrate. Molte delle riflessioni cliniche che personalmente ho avuto modo di fare trovano sostegno nelle ricerche e negli studi che indagano la correlazione tra benessere psicologico e autostima scolastica, stili di attaccamento e resilienza, che valgono in generale e, quindi, anche nello specifico per le persone con DSA. Ma quello che ho potuto notare è che arrivare alla diagnosi tardivamente, seppure permette di sperimentare uno stato di sollievo relativo alle proprie difficoltà, di fatto non basta a ristrutturare la propria immagine di sé e non permette automaticamente di accettare emotivamente la propria condizione atipica.
La sola diagnosi non permette l'accesso al cambiamento necessario per poter dare massimo risalto alle proprie competenze. Anzi, la possibilità della personalizzazione del percorso di studio è una condizione che scatena un sentimento di angoscia da evitare a tutti i costi, perfino auto sabotando inconsapevolmente i propri progetti e desideri. La diagnosi che di fatto spiega le difficoltà incontrate durante gli studi, crea un momento di crisi non solo per la persona che la riceve, ma anche per i genitori. Nella maggior parte dei casi gli studenti parlano di genitori che vivono con profondi sensi di colpa per non aver compreso in tempo che le difficoltà nello studio non erano da attribuire a scarso impegno o a poca intelligenza del figlio, e tale senso di colpa può manifestarsi in due modi molto diversi. Il genitore mette in atto un comportamento iperprotettivo e si sostituisce al figlio nelle richieste di supporto da fare all'università, o il genitore non entra più nella vita del figlio con le sollecitazioni allo studio, ma lascia il figlio completamente solo nel gestire la propria difficoltà e il percorso universitario. Due estremi, due modalità che spiazzano i figli e che non permettono loro di ripensarsi con serenità.
La maggior parte di questi studenti arriva proprio con la necessità di ripensarsi e ripensare il proprio modo di essere. Ci sono alcuni studenti che conoscono molto bene ciò in cui falliscono, ma che non hanno piena consapevolezza delle loro caratteristiche. Il percorso di counsellingoffre loro l'opportunità di mettere in parola tutte le emozioni contrastanti che vivono: gli studenti hanno modo, attraverso l'uso della lettura delle dinamiche di transfert e controtransfert, di avere accesso al loro mondo relazionale non più in maniera agìta, ma per la prima volta in maniera riflessiva e pensata. Attraverso il percorso breve del counsellingpsicodinamico gli studenti sospendono ogni giudizio di merito sulle proprie capacità, e si concedono di ripensarsi alla luce delle proprie caratteristiche. La sospensione del giudizio di merito e di valore permette di poter condividere un'altra parte della proprio essere, di solito più nascosta e meno evidente, che riguarda tutto ciò in cui riescono meglio e più velocemente degli altri. Per la prima volta hanno modo di parlare della loro diversità come fattore positivo e propulsivo.
Il percorso di counsellingè il luogo nel quale questi studenti hanno modo di sentire che c'è qualcuno disponibile ad ascoltare tutto ciò che hanno da dire e che non è interessato a confezionare soluzioni per il disturbo. Trovare qualcuno interessato a comprendere come funziona la loro mente è l'esperienza che permette loro di parlare di quanto si sentano unici in alcuni campi. Questi studenti oscillano tra una immagine di sé fallimentare e una immagine di sé di grande potenziale, la prima è quella della vita sociale, l'altra è quella della vita privata. Molto spesso il mondo psichico di questi studenti è caratterizzato da continue oscillazioni tra l'impotenza e l'onnipotenza, tra non poter mai essere all'altezza di un compito e sentire di poter raggiungere grandi risultati in alcuni campi. La mia ipotesi è che sia proprio questa continua oscillazione a impedire a questi giovani di poter finalmente accedere serenamente a un percorso di studi personalizzato. Potersi avvantaggiare di una serie di misure volte a superare le difficoltà specifiche significa mettere in gioco l'immagine di sé onnipotente rischiando di vederla andare in frantumi nell'impatto con l'esperienza. Se non adeguatamente sostenuti questi studenti rischiano di non mettersi in gioco fino in fondo, questa volta il fallimento è spaventoso perché a fallire sarebbe l'immagine onnipotente di se stessi. Purtroppo però chi non mette a rischio la propria immagine onnipotente rimane bloccato in un meccanismo di difesa che potrebbe spegnere ogni elemento vitale e creativo della persona. Il percorso dei quattro colloqui serve di solito in queste situazioni per mettere a fuoco le dinamiche emozionali e relazionali che di fatto impediscono agli studenti di vivere appieno la propria condizione.
Ovviamente questi 4 colloqui non bastano a poter ristabilire un equilibrio che permette automaticamente di cambiare l'approccio allo studio e alla vita in generale. Ma il fatto stesso di riconsiderare la propria immagine di sé in base alla diagnosi di dislessia permette nella maggior parte dei casi di avviare un cambiamento. Alcuni giovani dopo il percorso di counsellingbreve sentono di avere fatto sufficiente chiarezza sulla propria condizione ma al tempo stesso sanno di non poter sostenere da soli i cambiamenti necessari e chiedono di poter essere sostenuti per un periodo più lungo. Per questi studenti c'è la possibilità di intraprendere un percorso di counsellingpsicologico prolungato che si snoda durante il tempo di 20 colloqui settimanali. Di solito dopo i 4 colloqui gli studenti decidono di riorganizzare il proprio metodo di studio in virtù delle proprie caratteristiche e si avviano a riorganizzare anche i tempi dello studio in base alle proprie capacità di attenzione e di memorizzazione.
Altro momento importante per questi studenti è ristrutturare la propria immagine di studente senza più paragonarsi ai tempi e ai modi degli altri. Il tempo dei 20 colloqui serve infatti anche a maturare una capacità di autovalutazione interna, che possa sostituire il continuo e frustrante confronto con i colleghi. Infatti è solo con il tempo e l'esperienza che questi studenti possono ristrutturare la propria immagine di sé. Quando ciò avviene, essi sentono di poter rischiare anche la propria parte onnipotente e organizzano lo studio, i tempi di preparazione degli esami e le modalità di esame nel modo per loro più congeniale. Tutto ciò consente loro di sostenere gli esami e verificare effettivamente le loro capacità senza più sentire gli altri come responsabili del proprio destino. Quando gli studenti riescono a sentirsi capaci di gestire le proprie risorse anche un eventuale esame fallito viene vissuto come una messa alla prova per migliorarsi e non è più vissuto come un evento catastrofico da evitare ad ogni costo. Misurarsi con le proprie capacità e le proprie risorse consente di vivere con più soddisfazione il percorso di studio e permette anche di valutare la scelta universitaria in virtù di una progettualità più autentica, lasciando da parte il continuo confronto con tutti gli altri studenti.
Il lavoro clinico con questi studenti mi ha persuasa sempre più che le caratteristiche dei disturbi specifici dell'apprendimento sono attualmente sottovalutati nella comprensione delle potenzialità cognitive globali. Conosciamo molto bene ciò che funziona meno nei DSA rispetto al processo di apprendimento tipico, ma sappiamo poco delle caratteristiche che funzionano meglio nel processo dei DSA, rispetto al funzionamento tipico. Allargare la ricerca neuropsicologica alla comprensione del funzionamento cognitivo nella sua globalità aprirebbe sicuramente nuove possibilità di comprensione e permetterebbe di considerare ciò che oggi è vissuto come un disturbo semplicemente come una atipicità, ma che ha in sé tutte le possibilità di apprendimento solo combinate in maniera differente. Sarebbe importante che le conoscenze neuropsicologiche potessero investire il mondo della didattica e della pedagogia. Una riconsiderazione della processualità dell'apprendere con le sue tipicità e atipicità permetterebbe di riscrivere le metodologie di insegnamento e gestione della classe alla luce delle peculiarità e delle differenze di ciascuno.