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La consultazione psicologica al tempo della "crisi"

Antonella Barone, Anna Sara Cutolo, Alessandro Chiodi, Serena Diodato, Francesca Jovene, Maddalena Ligozzi, Valeria Magri, Francesca Racioppi, Paola Ottiero, Brigida Vergona.

Il termine inglese "counselling" o americano "counseling" tradotti in italiano, alternativamente, con consultazione, intervento o lavoro breve, nella sua indefinitezza linguistica esprime bene la complessità del termine e del significato a esso connesso. È necessario, quindi, chiarire cosa intendiamo quando parliamo di "consultazione psicologica", a quali teorie facciamo riferimento, quali sono le tecniche che adoperiamo e, infine, qual è la nostra utenza e quali ne sono le caratteristiche peculiari.
Parliamo di consultazione psicologica a orientamento psicodinamico quando privilegiamo un intervento di aiuto che si focalizza sulla relazione tra lo psicologo e il paziente, nel nostro caso lo studente universitario. Ciò significa che le reazioni emozionali e i vissuti intercorrenti tra i due soggetti sono l'area su cui si gioca il nostro intervento: i processi inconsci quali le identificazioni proiettive, il transfert ed il controtransfert, sono termini tecnici che esprimono l'insieme delle emozioni e dei pensieri che lo studente normalmente vive in tutte le relazioni e che si possono attivare nella relazione psicologo-studente, lì dove trovano senso e significato.
La consultazione offerta dai servizi del Centro SInAPSi è caratterizzata da un setting preciso: gli studenti possono usufruire di un ciclo di quattro colloqui a cadenza settimanale. I colloqui sono gratuiti e strettamente riservati. La brevità del percorso può agire da acceleratore, facendo emergere vissuti conflittuali o/e dolorosi che possono, così, essere condivisi e riconosciuti con l'aiuto dello psicologo, oppure, in alcuni casi, può indurre nello studente sentimenti di ansia che suscitano, talvolta, un senso di frustrazione tale da non consentirgli di portare a termine il ciclo dei colloqui. Il limite temporale del setting può offrire allo studente un contenimento immediato delle ansie e consentirgli di ridefinire il momento di crisi che sta vivendo, fornendogli prospettive differenti attraverso cui valutare le proprie difficoltà. Nel contempo lo spazio di ascolto permette agli studenti di prendere consapevolezza di sé e delle proprie risorse. 
Lo studente "in crisi" che arriva al Servizio trova ad accoglierlo una persona con capacità di ascolto e di "empatia": ci riferiamo qui a un ascolto che cerchi di sintonizzarsi sulle emozioni, sulle fantasie e sui desideri dello studente. Nel corso della consultazione l'attenzione dello psicologo è centrata sul "qui e ora", ovvero sul materiale che spontaneamente lo studente porta nei colloqui; lo stesso ha la funzione di rendere per così dire "digeribili" quegli elementi confusi, grezzi, conflittuali, che emergono dal racconto dello studente e di cui lo stesso non è consapevole.
Tali elementi, definiti "beta" dallo psicoanalista britannico Wilfred Bion (1964, 1981), ostacolano la capacità di pensare e di esercitare le funzioni intellettuali, interferendo, così, con la concentrazione, l'apprendimento e la memorizzazione, compiti fondamentali dello studente universitario.
Lo psicologo diventa, in qualche misura, il contenitore delle ansie e dei vissuti non elaborati dallo studente, così che questi possano essere ripuliti dagli aspetti angoscianti e diventare meno dannosi.
Abbiamo fatto riferimento alle capacità di apprendimento perché gli studenti molte volte si rivolgono al nostro Servizio per il blocco negli esami o perché hanno difficoltà a studiare e a memorizzare.
Tali difficoltà sono, spesso, strettamente legate alle emozioni e hanno valenze simboliche elevate; vediamo, infatti, come "riuscire" negli studi, laurearsi o avere buoni voti, significhi superare un'autorità vissuta come debole e, perciò, generare grandi sensi di colpa e, quindi, difficoltà a finire l'Università. Similmente un'immagine autoritaria forte può ostacolare e bloccare uno studente che non riesce a terminare il percorso universitario, perché si sente incastrato in una dimensione di dipendenza, che può suscitare sentimenti conflittuali di competizione, rabbia e inadeguatezza.
Infatti gli studenti universitari sono ancora invischiati nell'elaborazione del processo di separazione dalle figure genitoriali e di individuazione di sé, iniziato nell'adolescenza, e vivono, per la loro precipua condizione di studenti, una sorta di "sospensione del tempo psichico", lì dove si trovano in una dimensione di attesa nella quale il tempo sembra dilatarsi e l'autonomia e la realizzazione di sé appaiono ancora lontane. La "crisi" può essere un segnale del riattivarsi di questioni irrisolte connesse alla fase evolutiva che gli studenti attraversano e si costituisce come un potenziale elemento di cambiamento e di crescita che consente loro di maturare una maggiore consapevolezza di sé e di dare significato al proprio disagio.  
In crisi di fronte alla scelta
Al momento della scelta universitaria gli studenti possono provare dubbi e incertezze come avviene solitamente nelle fasi di passaggio: essi lasciano un ambiente scolastico familiare, e per certi versi rassicurante, per intraprendere il percorso post-diploma, che reca con sé le incertezze dell'ignoto. 
In questa fase di transizione, gli studenti si trovano a dover pensare a un proprio progetto personale, formativo e di vita, ma nel contempo si confrontano con le paure e i dubbi, insiti nel processo di adattamento a nuovi contesti di appartenenza, quali quello universitario. In tal senso le incertezze e i ripensamenti possono essere l'espressione naturale di una fase di adattamento al nuovo percorso e non implicano necessariamente il fallimento della propria scelta.
Molti studenti vanno in crisi all'inizio del percorso universitario per via di incertezze connesse alla propria scelta, per scarsa motivazione a intraprendere quel percorso formativo o/e per via di aspettative elevate relative al mondo universitario che gradualmente sono destinate a essere disilluse.
Altre volte la scelta universitaria non corrisponde alle reali possibilità e alle attitudini degli studenti, che spesso si trovano a scegliere percorsi formativi per i quali non sono stati adeguatamente formati e orientati. In questi casi alla base della scelta può esserci la difficoltà a interrogarsi opportunamente sulle proprie motivazioni e a definire i propri progetti di vita. La maggior parte di queste scelte sono motivo di "crisi" per gli studenti e rischiano di essere fallimentari perché non sono sostenute da solide fondamenta. 
Negli ultimi anni, alla luce della nostra esperienza, è emerso che molti studenti tendono a scegliere un percorso universitario che dia loro delle garanzie occupazionali, penalizzando l'espressione più autentica dei propri desideri. Nel lavoro svolto nel 2011 e nel 2012 presso i saloni di orientamento con gli studenti agli ultimi anni delle scuole medie superiori, è emerso che le loro scelte si concentravano maggiormente su Corsi di Studio afferenti ai Dipartimenti di Economia, Medicina, Lingue Orientali e Ingegneria. Tali scelte considerate "più razionali" sembrano essere il frutto di una percezione della realtà che emerge prevalentemente dall'esperienza indiretta e dal "sentito dire", per cui non riflettono una realistica previsione delle possibili occupazioni future, dal momento che la rapidità dei cambiamenti socio-economici e dello scenario politico non consente di anticipare la possibile situazione occupazionale del futuro.
La complessità della scelta post-diploma e le sue ripercussioni sul percorso universitario dello studente possono essere esemplificate dal caso di uno studente che si rivolge al servizio in un momento di forte indecisione per l'ambivalenza rispetto al percorso appena intrapreso e per le alternative ritenute possibili.
Luca ha 19 anni. Dopo il diploma ha provato il test per accedere al Corso di Studi in Medicina e in Infermieristica. Inizialmente ha superato solo il test in Infermieristica, dopo pochi mesi però, con lo scorrimento della graduatoria, è riuscito ad entrare a Medicina. Le condizioni socio-economiche disagiate dei genitori spingono Luca a lavorare per non pesare sulla famiglia.
Sostiene di essersi rivolto al servizio per curiosità, ma soprattutto perché sta studiando per superare il concorso per entrare in Polizia e sa che dovrà affrontare le prove psicoattitudinali.
Mentre sembra apprezzare il successo inaspettato dell'ingresso a Medicina e la bontà di questa scelta per lui, si sofferma a parlare del suo desiderio di realizzarsi presto e iniziare "fin da giovane a lavorare e a fare qualcosa di costruttivo".
 Gradualmente emerge una forte indecisione relativa alla scelta del CdS. Infatti prima di entrare a Medicina, ha seguito precorsi presso i Dipartimenti di Economia e di Giurisprudenza. Suo fratello, iscritto a Infermieristica, gli ha consigliato di provare il test a Medicina e Luca, nonostante pensasse di non farcela, è riuscito a entrare con un buon punteggio "senza neanche studiare".
Nel corso dei colloqui egli descrive la propria passione per la Polizia, che viene vista come un'alternativa contrapposta alla Medicina, sebbene in entrambi i casi non sappia bene di cosa si tratti, dal momento che " non ha mai fatto il poliziotto, né il medico".
Luca ritiene di aver compiuto una scelta che si differenzia da quella dei suoi genitori operai. Per la precaria situazione economica ha cominciato a lavorare occasionalmente per inseguire il proprio desiderio di indipendenza. Adesso però, si chiede come farà a conciliare lavoro e studio, quando arriverà la sessione d'esame. Racconta che anche al liceo non voleva eccellere, studiava quanto bastava, perché voleva "fare un po' di tutto". Attualmente ritiene che entrare in Polizia gli possa garantire uno stipendio sicuro e una stabilità, mentre continuare a studiare Medicina, per quanto gli piaccia, implica essere mantenuto dalla sua famiglia per un lungo periodo.
Nel corso dei colloqui Luca descrive la leggerezza con cui ha affrontato sia il test di Medicina che il concorso in Polizia, vissuti entrambi come una "sfida con se stesso" nei quali però aveva paura di investire troppo. Luca sembra non riconoscere le proprie capacità e fantasticare in modo irrealistico sui propri desideri, come se da un lato ci fosse l'esigenza di rimanere con i piedi per terra, dall'altro l'idea intraprendere più percorsi contemporaneamente. Il rischio per Luca è quello di esporsi a un fallimento oppure all'illusione di poter fare tutto in modo onnipotente e magico. Per sentirsi soddisfatto di sé, ha sempre cercato di fare tante cose, a differenza di coloro che definisce "parassiti" perché si fanno mantenere dai genitori. Emerge una difficoltà a riconoscere i propri aspetti fragili e dipendenti, ma anche la difficoltà a esprimere un desiderio più autentico. La crisi di Luca sembra collegata al momento di indecisione che sta vivendo nella fase di transizione e di adattamento ad un nuovo contesto formativo. La consultazione ha permesso di riflettere e lavorare su due posizioni antitetiche molto distanti che sembrerebbero essere compresenti in Luca: da una parte, l'idea di imbarcarsi in imprese titaniche e riscattare così la propria precaria condizione socioeconomica, dall'altra, accontentarsi di lavoretti temporanei, per evitare di diventare un "ricottaro", un "parassita".
La consultazione ha permesso a Luca di riflettere sulle proprie ambivalenze relative a una scelta  vissuta in modo conflittuale sia per il disagio economico della famiglia sia per la delicata fase evolutiva attraversata dallo studente che esprime un forte bisogno di autonomia e di affrancamento.
 
In molti studenti alle prese con una scelta appena compiuta emerge un senso di insoddisfazione e di frustrazione che non sostiene la motivazione a studiare e quindi l'apprendimento, privandoli delle energie necessarie per affrontare l'impegno universitario. Una delle conseguenze possibili è la sensazione di dover studiare "sotto sforzo"; inoltre nei casi di insuccesso, come per esempio il mancato superamento di un esame, gli studenti, che non hanno una motivazione forte, possono sentire che le risorse per proseguire gli studi vengono meno.
Alla luce di ciò può essere interessante riportare l'esperienza esemplificativa di uno studente alla fine del primo anno di Ingegneria, che arriva al servizio di consultazione psicologica per incertezze connesse al proprio metodo di studio e conseguenti difficoltà a superare gli esami nonostante lo studio intenso.
Egli, nonostante le proprie difficoltà a studiare, si riconosce molte risorse: ha delle capacità tecniche e manuali, sa riparare gli elettrodomestici, riesce a inventarsi soluzioni nuove, immagina strumenti da realizzare, ma non riesce a studiare i programmi dei corsi universitari.
Riportando l'idea suggerita da una sua professoressa, sostiene che la sua difficoltà è quella di voler produrre un pensiero originale sulla teoria che studia, prima ancora di studiarla, per cui il suo discorso all'esame risulta molto vago e impreciso.
Egli prova una certa nostalgia del passato, quando era spensierato e si divertiva con i compagni del liceo. Ora sente che deve smussare troppo questi aspetti di sé per adattarsi alle richieste che gli vengono dall'Università e da suo padre, ricercatore universitario, che lo ha inviato al servizio.
Mentre prima si sentiva "tondo", ma rispondeva a tali aspettative mostrandosi "quadrato", adesso non ci riesce più.  Al tempo stesso sente che non si può consentire di essere "tondo", perché funziona meglio se è "quadrato". Per questo studente rispondere come gli altri, studiando la teoria, significa conformarsi troppo, mentre egli vorrebbe emergere dalla massa, per il desiderio di non deludere le aspettative paterne e nel contempo provare a differenziarsi. In definitiva per questo ragazzo, come per molti altri, il percorso intrapreso viene vissuto con incertezza e ambivalenza, perché si tratta di una scelta non solo personale, ma anche intrisa di aspettative elevate, per cui lo studio risulta carico di ansia e quindi faticoso.
In altri casi abbiamo raccolto l'esperienza di molti studenti che, non riuscendo a superare il test di ingresso presso il corso di studi individuato, si proiettano su "scelte di ripiego" temporanee e affini ai loro propositi iniziali, per poi provare, in alcuni casi, nuovamente il test. Tale condizione può essere un motivo di "crisi" per alcuni studenti.
A tal proposito ci sembra interessante la testimonianza di Sara, che si è iscritta al primo anno del Corso di Studi in Tecnologie delle Produzioni Animali, presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria, dopo aver tentato, senza successo, il test di ingresso presso il CdS di Medicina Veterinaria. 
La decisione di frequentare il corso di laurea in TPA rientra in una fase transitoria, in quanto l'intenzione di Sara è quella di riprovare il test a Medicina Veterinaria il prossimo anno. Tuttavia la studentessa vive con ambivalenza tale scelta, considerata di ripiego, perché ritiene che studiare per questi esami le darà la preparazione adeguata per riprovare il test e quindi superarlo, sapendo, tra l'altro, che può sostenere e superare esami, che le saranno convalidati a Medicina Veterinaria. Al tempo stesso, però, sta studiando con ansia e preoccupazione, perché teme di non riuscire il prossimo anno a superare il test presso il CdS desiderato. Inoltre emerge una tendenza a svalutare e a sottostimare i docenti di questo CdS, considerato di serie B, il che rispecchia il debole investimento in questa scelta e quindi una minore disponibilità al confronto con i docenti.
Emerge la metafora del sentirsi in un "limbo" ovvero in uno stato poco definito, in attesa di una maggiore definizione della propria identità, che si può costruire attraverso l'appartenenza a uno specifico contesto universitario che può dare consistenza ai propri desideri e al proprio progetto.
Una simile situazione si presenta in molti studenti che si sperimentano in scelte di ripiego e vivono uno stato di blocco e di indefinitezza.
Gli studenti che vanno in "crisi" per queste problematiche comunicano un vissuto di esclusione e un senso di estraneità legato a una scelta, sentita come provvisoria.
Dopo la scelta: un tempo per adattarsi
Quando gli studenti riescono a superare le prime incertezze connesse alla scelta e all'adattamento al nuovo contesto di appartenenza, può manifestarsi un disagio dovuto ai ritmi e ai tempi universitari. Infatti, lo studente che si confronta con i piani e i programmi di studio, con i nuovi metodi di insegnamento e le sessioni di esame può avere la sensazione di non riuscire a rispecchiarsi nel sistema universitario, dal momento che non si è ancora pienamente messo alla prova. Inoltre deve confrontarsi anche con studi che non gli sembrano direttamente connessi alla futura professione. Per cui è necessario tollerare l'attesa e l'incertezza di non sapere come riuscirà ad affrontare e gestire le "prove universitarie".
Molti studenti tendono, invece, a precorrere i tempi di adattamento, avvertendo una sensazione di "fretta" per il bisogno di vedere subito realizzato il proprio progetto ultimo di conseguire un titolo che potrà consentire loro di entrare velocemente nel mondo del lavoro. 
Talvolta la difficoltà a tollerare l'attesa può essere connessa a una scarsa fiducia in sé e nella consistenza del proprio progetto, che dipende a sua volta dalla propria storia, ma anche dalla propria personalità e dal proprio modo di affrontare le difficoltà.
A tal proposito può essere utile riportare alcuni stralci della storia di Elena, una studentessa iscritta al primo anno di Ingegneria che va in crisi per un delusione connessa agli esiti dei primi esami sostenuti. I voti bassi e la sensazione di "rimanere indietro", nonostante lo studio intenso, rappresentano una ferita che riapre dolori più antichi connessi alla propria storia.
Elena si sente sopraffatta dalle rotture traumatiche che accompagnano la sua vita: il trasferimento dalla Spagna all'Italia quando aveva 6 anni, la recente separazione dal fidanzato, i conflitti col padre, gli esami universitari fallimentari.
Proprio rispetto a queste rotture, si crea un vuoto che impedisce alla studentessa di concentrarsi e di pensare al proprio progetto. Nel corso dei colloqui emerge un senso di urgenza e di fretta e una difficoltà a contenere e controllare l'ansia e la rabbia in relazione a ricordi dolorosi, per cui Elena tende a compiere azioni impulsive che la inducono a ripetere nuove situazioni di rottura. I cambiamenti traumatici che si sono susseguiti nella vita di Elena hanno richiesto grandi sforzi di adattamento e hanno determinato una percezione di disorientamento e di perdita dei vecchi riferimenti. In questa storia sembra che l'irruzione del passato interferisca sul presente, inficiando la capacità di Elena di concentrare le proprie risorse negli studi, per cui la sensazione di "fretta" si collega al bisogno di sfuggire al dolore connesso alla propria storia.
In molti casi come questo, al nostro servizio si rivolgono studenti alquanto danneggiati dalla propria storia personale che si avvicinano all'Università senza avere un equipaggiamento interno di buone esperienze e, quindi, una solida fiducia in sé (Wittenberg, 1983; Wittenberg et al., 1987), che possa aiutarli a fronteggiare il gravoso impegno universitario, che implica sicuramente una ridefinizione di sé e delle proprie strategie di adattamento al nuovo contesto. Quando le esperienze negative prevalgono rispetto a quelle buone, l'individuo può sentirsi incapace di confidare nella propria possibilità di farcela.
In questi casi gli studenti che si trovano a intraprendere un percorso formativo nuovo, nel tentativo di trovare un adattamento, possono inconsapevolmente assumere comportamenti e modalità di interazione che ripropongono gli stili relazionali disadattivi del passato.
Quando gli studenti vivono profondi malesseri legati alla propria storia personale e alle proprie relazioni significative, possono concepire l'Università e il proprio percorso di studi come ambiti di vita separati che non vanno "contagiati" dal disagio esistenziale vissuto in altri contesti.
Questi studenti riescono a sostenere carichi universitari notevoli con lucidità e impegno, mantenendo una separatezza tra la dimensione intellettiva e quella affettiva. In molti di questi casi, i risultati universitari possono essere anche molto elevati e soddisfacenti, andando a rinvigorire la fiducia in sé e la convinzione di riuscire nel proprio progetto formativo, così da riparare il danno percepito in altre aree della propria vita. 
Tuttavia, quando la repressione dei propri traumi è eccessiva e poco consapevole e/o lo sforzo di tenerli fuori dalla propria vita universitaria è notevole, il disagio può irrompere in maniera improvvisa e incidere anche sull'area dell'apprendimento.
Bianca, dopo aver cominciato a lavorare col padre nell'azienda familiare, in seguito a continui conflitti con lui, decide di intraprendere un proprio percorso formativo, spinta dal bisogno di autonomia e differenziazione dal contesto familiare. Quindi si iscrive a Giurisprudenza a 25 anni e riesce a conseguire esiti positivi negli studi, ma si blocca in prossimità della conclusione del percorso e decide di rivolgersi al nostro servizio. Attraverso la consultazione psicologica con Bianca emergono strategie difensive tendenti alla scissione tra i sentimenti di rabbia e rivendicazione, connessi alle problematiche familiari, e le abilità cognitive e razionali, che le consentono di investire negli studi. Tali difese hanno permesso alla ragazza di procedere con successo nel percorso universitario. Tuttavia, in vista del completamento degli studi e di una nuova definizione della propria identità, nel fare un bilancio di sé e dei propri risultati, Bianca comincia a mettere in discussione le proprie scelte e i punti di riferimento preesistenti. Questa condizione non le consente di mantenere la separatezza tra la dimensione emotiva e quella cognitiva: ciò diventa motivo di crisi.
In altri casi troviamo studenti che, pur non avendo vissuto storie traumatiche, e non sentendosi apparentemente danneggiati dalle proprie vicende, mettono egualmente in atto simili meccanismi di separatezza tra la sfera cognitiva connessa all'apprendimento e quella emozionale.
L'ansia
Gli studenti che si rivolgono al nostro servizio per problemi d'ansia descrivono stati di tensione, tachicardia, sudorazione fredda e altri stati di attivazione fisiologica che possono incidere sulla concentrazione e sulla memoria, inficiando la capacità di apprendere e determinando uno stato di insicurezza che può compromettere le prestazioni universitarie.
In molte situazioni l'ansia può essere il segnale di un malessere che vive lo studente perché sperimenta difficoltà di adattamento al nuovo contesto formativo o, pur riuscendo a integrarsi e a sostenere l'impegno universitario, vive con eccessiva tensione le prove da affrontare. A volte l'ansia è motivata dalla presenza di tratti di personalità tendenti al perfezionismo; dal bisogno di riconoscimento e di approvazione e/o dal bisogno di rassicurazione, oppure può essere legata alla paura e alla dipendenza dal giudizio da parte di una persona autorevole.
Molti studenti richiedono la consultazione perché si sentono angosciati dalla sensazione di non farcela a sostenere gli esami. Infatti, nonostante l'impegno profuso nello studio e la preparazione approfondita, essi non riescono a sottoporsi alla prova d'esame o pur presentandosi, non rispondono agli appelli.
Tra questi, alcuni lamentano una difficoltà in particolare nelle prove orali, che richiedono un confronto diretto con la figura del docente, mentre riescono a conseguire buone prestazioni nelle prove scritte. In questi casi entra in gioco la percezione del docente come un'autorità che può suscitare sentimenti di inadeguatezza, rabbia, competizione e colpa, che hanno a che fare con immagini genitoriali interne.
Per altri è la prova in sé (scritta o/e orale) a rappresentare un momento di valutazione cruciale, dove gli studenti possono provare disagio notevole, perché sentono che insieme alla performance dell'esame, vengono messi in discussione il proprio valore e la stima di sé come persone.
A tal proposito riportiamo il caso di Maria, una studentessa di Biologia che chiede una consultazione psicologica per via del difficile rapporto con un docente, che dopo numerosi fallimenti nelle prove orali l'aveva fatta sentire inadeguata e incapace di studiare la sua materia di insegnamento proprio in prossimità della fine degli studi. Per Maria tale situazione diventa, quindi, motivo di ansia e di blocco negli studi e nella richiesta della tesi. Ella esprime la sofferenza e la frustrazione per la sensazione di impotenza vissuta che si collega alla sfiducia mostrata dal padre che non incoraggia la sua scelta e il suo impegno universitario. Maria vorrebbe cambiare cattedra per sfuggire al confronto con questo docente; inoltre chiede di sostenere l'esame scritto perché le sembra meno ansiogeno. Nel corso della consultazione viene aiutata a ritrovare la fiducia in sé per i risultati raggiunti fino a quel momento e trova il coraggio di scrivere una email al docente al quale vorrebbe chiedere la tesi, ottenendo il suo riscontro positivo. Nel frattempo ottiene il cambiamento di cattedra e le viene riconosciuta la possibilità di sostenere l'esame scritto. Ciò rafforza la stima di sé e la sua convinzione di riuscire a padroneggiare l'ansia, riprendendo in mano il proprio progetto universitario che si avvia alla conclusione.  
 
La consultazione psicologica può rappresentare un'esperienza nuova, che apre le porte a una diversa visione delle cose: raccontare le storie di vita e le difficoltà incontrate nel proprio percorso personale ha un valore importante, che aiuta lo studente a comprendere le origini delle proprie difficoltà e a riflettere sulla natura delle esperienze vissute. All'interno dello spazio di consultazione è possibile individuare i nessi e i significati degli eventi, dando loro un senso. Attraverso questo percorso lo studente può essere accompagnato in una esperienza nuova ed essere aiutato a gestire meglio l'ansia e le proprie emozioni. 
In crisi alla fine del percorso
Anche l'approssimarsi della fine del percorso universitario può rappresentare un momento cruciale in quanto ogni conclusione comporta sempre un cambiamento, una ridefinizione di sé e la rinuncia a ciò che è diventato familiare. Nella definizione di "studente universitario" un giovane si può riconoscere, individuare e sentirsi rassicurato all'interno della relazione dinamica di insegnamento/apprendimento nel "contenitore Università", dove impara a riconoscere compiti e funzioni, diritti e doveri. Uscire dal contesto universitario con un titolo di studio significativo e rilevante può essere motivo di entusiasmo e di soddisfazione, ma il successivo confronto col panorama lavorativo e la necessità di individuarsi e definirsi in altre relazioni formative e professionali, può indurre disillusione e sfiducia.
Il pensiero della tesi e il momento della laurea si possono configurare come un banco di prova: lo studente si interroga sul valore della propria esperienza formativa, sulle competenze acquisite durante il percorso universitario e sulla propria capacità di adoperarle nel contesto lavorativo. In questa fase gli studenti sono impegnati a ridefinire la propria motivazione in vista delle possibili scelte lavorative e/o formative. La fase post-laurea, quando lo studente diventa un "giovane nel mondo", alla ricerca di una propria dimensione formativa e lavorativa, può determinare disagi e difficoltà e richiedere nuovi adattamenti.
L'esperienza degli studenti che si rivolgono al nostro servizio in una fase conclusiva del loro iter universitario ci mostra come il passaggio dalla tarda adolescenza all'età adulta può essere insidioso e costellato da ostacoli.
Per maturare una propria identità adulta, spesso i giovani devono affrontare conflitti specifici e compiti evolutivi che consentano loro di rinforzare i propri tratti caratteriali. Si tratta di una vera e propria ristrutturazione psichica che non sempre va di pari passo con i processi biologici di crescita e di differenziazione. Sentire di appartenere a pieno titolo al mondo degli adulti implica, per un giovane, lo sforzo di emanciparsi dalle dipendenze familiari e ridefinire i legami preesistenti.
Questo processo di separazione e di individuazione implica anche una maturazione dell'Io e l'acquisizione di nuove e specifiche capacità.
A tale proposito può essere interessante riportare l'esperienza di Carlo uno studente di 24 anni, iscritto al III anno presso il CdS in Scienze Agrarie, che contatta il Servizio perché sta attraversando un momento difficile. Si presenta al I colloquio agitato e nervoso. Fin da subito, accenna alle difficoltà che sta vivendo negli studi, per poi precisare di avere diversi problemi familiari.
Carlo è l'ultimogenito di quattro figli, l'unico a vivere ancora a casa con suo padre, affetto da una malattia degenerativa; la madre è morta da diversi anni.
Durante il primo incontro, Carlo parla di quanto si senta solo nella gestione della malattia del padre e incapace di prendersi cura di lui. La sua casa è diventata un luogo estraneo e inospitale, costringendo lo studente a trascorrere tutte le sue giornate in giro per strada.
Sta vivendo momenti difficili anche all'Università: è fuori corso da più di un anno e gli mancano diversi esami per il conseguimento della laurea triennale. Vorrebbe laurearsi entro la sessione successiva ma, anche se non dovesse farcela, ha deciso di andare via di casa, lontano, poiché si sente intrappolato in una situazione ingestibile, dalla quale vuole fuggire.
All'inizio dell'Università tutto era andato per il meglio, aveva una buona media, anche se proseguiva a rilento con gli esami. Con la scoperta della malattia del padre si sono manifestate le prime difficoltà: non riusciva a studiare bene, aveva sostenuto pochi esami, poi si era bloccato del tutto, non presentandosi agli appelli o ritirandosi in preda all'angoscia. Con un velo di tristezza, Carlo racconta che il suo sogno da bambino era quello di diventare un ricercatore affermato ma, in questo momento della sua vita, non vede alternative, se non abbandonare il percorso universitario per iniziare a lavorare in una città del Nord.
Sempre più sfiduciato e depresso, afferma che dinanzi al dolore che sta vivendo per la malattia del padre e lo scoramento per lo studio, non vede altre alternative se non farla finita. Il suicidio sembra essere l'unica strada possibile per sfuggire ad una situazione che per Carlo è insostenibile. Riferisce di sentirsi impotente dinanzi alla distruttività di una malattia degenerativa.
 
Carlo, rimasto da solo a casa col padre, vive il peso della gestione della cura, al tempo stesso, si trova a dover assumere maggiori responsabilità nella costruzione di un proprio progetto professionale e di vita, non potendo più contare sull'appoggio familiare.
Per Carlo la malattia del padre e la condizione di solitudine rappresentano un momento di crisi che complica il già delicato percorso di individuazione di sé.
Il desiderio di allontanarsi da casa può rappresentare un tentativo di rottura violenta con il passato, una fuga da una separazione che per Carlo è molto dolorosa.
Le sue parole mostrano quanto può essere complesso crescere, poiché diventare adulti implica differenziarsi dalle figure genitoriali e confrontarsi con le perdite: la perdita dei genitori reali e di aspetti di sé fragili e dipendenti, ai quali bisogna rinunciare. Il nucleo centrale del conflitto di Carlo si gioca tra il bisogno di permanere in una situazione di blocco e di dipendenza e il desiderio di portare a termine il proprio percorso di studi e costruire un progetto di vita.
La consultazione lo aiuta a riflettere e a prendere consapevolezza di tale conflitto, anziché scegliere la fuga o il suicidio, che sono entrambi espressione di una soluzione illusoria che non sostiene il pensiero e il processo di crescita. Il percorso psicologico intrapreso ha permesso a Carlo di "mettere in parola" e condividere pensieri contrastanti ed emozioni negative, senza per questo esserne schiacciato.
In alcuni casi gli studenti che si trovano a vivere e a condividere simili esperienze, come la malattia di un familiare, che ostacolano il processo di separazione e di individuazione, possono essere aiutati a ridefinire, attraverso la consultazione psicologica, le proprie scelte formative e a trovare soluzioni più adeguate.
L'Università sostiene gli studenti in questo processo di individuazione e di autonomia anche attraverso esperienze di tirocinio all'Estero, quali ad esempio l'Erasmus. Non per tutti, però, l'Erasmus è una risorsa e un'opportunità di crescita formativa e di vita, in quanto, in alcuni casi, gli studenti la utilizzano come una fuga impulsiva per aggirare situazioni dolorose e difficili da sostenere. Nel caso proposto di seguito emergono entrambi gli aspetti.
Deborah è una studentessa all'ultimo anno di Medicina, le mancano 3 esami alla fine del percorso di studi. Attualmente frequenta il tirocinio in Oncologia e appartiene a una famiglia di medici: suo padre e suo zio sono infatti entrambi medici. La motivazione che porta Deborah a richiedere la Consultazione presso il nostro Servizio è la sua difficoltà a sostenere gli esami orali, che determina un ritardo nella conclusione degli studi.
Nel corso della consultazione emerge che Deborah sta attraversando un momento di crisi non solo sul piano universitario ma, anche, a livello di sicurezze interne. La sua famiglia sta vivendo una fase molto critica: lo zio paterno, a cui lei è molto legata, è affetto da un tumore. Il "crollo" del padre in seguito alla malattia del fratello ha ridimensionato in Deborah l'immagine paterna: "Mio padre è sempre stato forte, l'ho sempre visto come una persona sicura, decisa ... è un medico, per cui è abituato alle situazioni dolorose ... ma quando mio zio si è ammalato non l'ho riconosciuto più: è diventato debole, piangeva ...".
Deborah si descrive come una studentessa brava e studiosa nei primi anni di Università, poi, in seguito alla rottura del legame con il suo storico fidanzato e alla scoperta della malattia dello zio, si è generato in lei un momento di impasse: l'impatto diretto con la malattia e con l'impotenza dei medici di fronte a tale esperienza ha fatto emergere un senso di fragilità e di insicurezza che si è manifestato in un blocco nel sostenere le prove orali: "Quando andavo nel reparto con i miei colleghi di corso si facevano battute ironiche per stemperare l'angoscia del contatto con la malattia e con il dolore ... la paura della morte è sempre presente ... a volte mi chiedo se sarò in grado di affrontare le sofferenze degli altri, di aiutare gli altri ... mio padre è crollato quando ha saputo di mio zio ... mi chiedo se io reggerò in futuro ...".
In seguito alla notizia della malattia dello zio, Deborah ha deciso di partire per l'Erasmus, che l'ha portata a vivere in Spagna per circa 6 mesi. Durante questa esperienza, che può rappresentare un movimento evolutivo di differenziazione e di autonomia dalla famiglia, si è avuto un aggravamento dello zio, a cui è seguito il suo decesso.
È presumibile, quindi, che in Deborah, si sia fatta strada la fantasia che la crescita e l'allontanamento dalla famiglia determinino malattia e morte: per via di un processo di identificazione con la sua famiglia emerge anche in lei la paura di ammalarsi e di morire. Nel processo di crescita c'è stato un ingorgo di esperienze insostenibili e difficili da "digerire", che hanno provocato, quindi, il vissuto di aver subito un danno.
Emerge in Deborah il conflitto tra il desiderio di crescita, che implica anche il confronto con la malattia e la morte, e la paura di rimanere legata, quasi intrappolata, alla famiglia, perché allontanarsene sembra impossibile. Il senso di impotenza che ne deriva, viene esteso anche alla professione medica e ai suoi limiti, suscitando in lei incertezze e preoccupazioni.
Nel corso della consultazione, Deborah decide di cambiare il suo tirocinio: non più Oncologia, ma Ortopedia. Tale scelta rappresenta la modalità personale di Deborah per risolvere il conflitto tra il restare in famiglia, lasciandosi soffocare da un'emotività ingestibile, e allontanarsene attraverso una vera e propria fuga. In questo modo la studentessa sceglie una strada professionale che la riavvicina al proprio progetto, ridando valore agli studi medici e, nello stesso tempo, le consente di prendere una distanza dalle dolorose vicissitudini familiari.
Questo caso mostra, da un lato, come un evento doloroso, che riguarda la vita personale dello studente, possa minare le proprie certezze e capacità, generando un'impasse negli studi universitari, dall'altro come la consultazione possa rappresentare uno spazio e un tempo in cui gli studenti affrontano paure e fantasmi senza esserne sopraffatti e riescono a riconoscere aspetti di sé, le proprie capacità e i propri limiti, provando a ridefinire il proprio progetto professionale e di vita.
In molti casi, la fine del percorso universitario può prolungarsi indefinitamente, quando la scelta formativa è stata incerta e sostenuta da una motivazione labile, nella quale gli studenti non si riconoscono. È quello che è successo a Marco.
Marco da tempo ha finito gli esami e sta preparando la tesi che però fatica a portare avanti. Ha lavorato, già tempo fa, a un progetto di tesi che poi ha abbandonato. Adesso ha ripreso ad occuparsene ma si sente rallentato e demotivato. Gli esami sono stati discontinui, ritenuti di scarso valore, come tutto il suo percorso universitario e di vita. Si è iscritto al Corso di Studi in Biologia solo per evitare il servizio di leva e con questa motivazione ha proseguito. Nemmeno l'indirizzo professionale della scuola superiore è stata una sua scelta. Tale decisione, presa su consiglio del padre, era finalizzata a trovare presto un lavoro per non rischiare di diventare "un fallito". Le difficoltà di Marco sono legate all'ambivalenza e alla rabbia provata per l'impossibilità di affrancarsi dalla famiglia, concludere gli studi e portare avanti un proprio progetto di vita. Marco è l'unico figlio maschio, con un padre depresso, che considera debole e incapace, verso il quale nutre una forte rabbia. La madre, che ha lavorato part-time per sostenere maggiormente la famiglia, sembra essere una figura più concreta, ma poco incisiva nei confronti del marito. Egli sostiene di non aver mai potuto cercare aiuto e sostegno nel padre, poiché era lui stesso troppo bisognoso di aiuto, e di essere stato pertanto, fin da piccolo, spettatore impotente delle sue sofferenze. Perciò si è sentito solo nei momenti di difficoltà, come in tutte le situazioni importanti che richiedevano un sostegno e una guida.
Nel corso della consultazione Marco è stato aiutato a riconoscere i motivi che lo spingono ad attaccare se stesso e i suoi progetti e a compiere continuamente gli stessi errori, che teme e da cui prova a fuggire, con la sensazione continua di fallimento. In definitiva lo spazio di ascolto ha aiutato Marco a riflettere sui propri bisogni, spostando l'attenzione dalle sue vicende familiari alle proprie difficoltà personali e a ridefinire il proprio percorso di vita.
Il Follow up: per essere aiutati a piccole dosi
Il servizio di consultazione psicologica prevede, per gli studenti che lo richiedano, la possibilità di svolgere un altro ciclo di colloqui a distanza di tempo, per tornare a riflettere sull'evoluzione delle questioni emerse durante la consultazione. In alcuni casi la consultazione rappresenta un piccolo assaggio, a volte sufficiente, altre volte no, del lavoro psicologico, anche in vista della possibilità di accedere a un percorso prolungato in altri ambiti.
Nella maggior parte dei casi il follow up viene offerto agli studenti che si sono rivolti al servizio con motivazioni ambivalenti o poco chiare e/o incertezze e dubbi sulla possibilità di affidarsi a un esperto, aspetti questi che non hanno consentito un'esplorazione sufficiente delle difficoltà emerse, per cui, può essere necessario riprendere a distanza di tempo alcune questioni affrontate. Anche quando il ciclo di consultazione risulta sufficiente in quel particolare momento per rispondere ai bisogni dello studente, può essere suggerito un follow up che può aiutarlo a ridefinire le stesse questioni a distanza di tempo.
Spesso gli studenti riescono a utilizzare in maniera efficace lo spazio della consultazione proprio perché è limitato e definito e consente di toccare questioni importanti in maniera tangenziale e a piccole dosi, concentrando il focus dell'intervento sul "qui e ora" del momento vissuto. In questo modo gli studenti si sentono protetti e rassicurati dalla paura della dipendenza e dalle ansie che possono emergere nell'esplorare questioni antiche più profonde.
Michela ha 26 anni, vive in un piccolo paesino limitrofo del salernitano. Ha conseguito in ritardo la laurea triennale in Lingue, dopodiché, nella scelta del biennio specialistico, ha deciso di cambiare Università, perché l'ambiente universitario frequentato era talmente ricco di stimoli differenti, da risultare caotico e dispersivo per lei. Ha cominciato a frequentare il primo anno del biennio, sostenendo solo qualche esame. Chiede una consultazione, dopo aver partecipato al colloquio di restituzione del bilancio di competenze (un altro dei servizi del Centro SInAPSi: http://www.sinapsi.unina.it/bilancio_d_competenze), che ha fatto nascere in lei il desiderio di approfondire alcune questioni personali. In particolare nel corso del bilancio di competenze era emerso che aveva una tendenza all'inibizione nelle relazioni sociali. Chiede una consultazione anche perché il padre sta male, hanno scoperto che ha una malattia degenerativa grave. Nel corso dei colloqui emerge la difficoltà di Michela ad accettare la malattia del padre, perno principale della sua famiglia.
Michela è l'ultima di 3 figli, l'unica che sta ancora a casa con mamma e papà. I suoi fratelli vivono all'estero con le rispettive famiglie e saltuariamente tornano in Campania. Questa condizione di ultimogenita rimasta a casa sostiene il bisogno di dipendenza di Michela, ma anche la paura di emergere e affermarsi rispetto a una cultura provinciale che comincia a starle stretta.
Michela non ha mai avuto relazioni sentimentali e ha un forte desiderio di averne una, ma si sente costretta a dover scegliere un ragazzo "per sempre" , così come la sua cultura familiare le impone, per cui sembra che nessuno vada mai bene. Emerge una sua difficoltà ad affidarsi e a sentire che può condividere progetti e desideri con gli amici. Fa parte di un'associazione culturale che organizza spettacoli teatrali nel proprio paese.
Michela si sente incastrata dalla cultura patriarcale di appartenenza: da un lato vorrebbe provare a esplorare la propria femminilità, dall'altro però teme di perdersi e di non ritrovarsi se asseconda i propri desideri, come è riuscita a fare quando si è trasferita a Napoli per studiare.
Michela chiede un altro ciclo di colloqui a luglio in seguito alla morte del padre.
Nel corso di questo nuovo ciclo, emerge il dolore di questa perdita, ma anche la rabbia per la sensazione di aver subito un'ingiustizia e di dover portare da sola il peso di tutto ciò, rispetto ai fratelli che se ne sono andati via. Un altro cambiamento che la turba è il matrimonio del fratello e i concomitanti lavori di ristrutturazione a casa, dal momento che suo fratello abiterà con la moglie nella casa di suo padre.
Quest'aria di rinnovamento non si sposa con il lutto di Michela e con la paura di rimanere per sempre nel suo paese a badare alla madre anziana.
Nel corso dei colloqui emerge la sua capacità di svolgere lavori saltuari per sentirsi più autonoma. Resta tuttavia la paura di non riuscire a emanciparsi dalla sua condizione di figlia in un paese provinciale, anche per la difficoltà a prendere decisioni e a fare progetti in un momento di elaborazione del lutto.
 
Attraverso questo caso è possibile osservare il cambiamento che si evidenzia tra la prima consultazione, quando il padre di Michela era in vita e la ragazza si mostrava alquanto inibita e difesa, e la seconda consultazione, focalizzata sui vissuti depressivi connessi sia alla perdita del padre sia al suo bisogno di crescere e differenziarsi per svincolarsi dal bisogno di dipendenza. Nel follow up Michela riesce a ridimensionare il ricorso a difese rigide e distanzianti, utilizzando maggiormente lo spazio di ascolto per riconoscere le proprie fragilità, la rabbia e il desiderio di pensare ai propri progetti.  
Il follow up consente di lavorare con gli studenti a piccole dosi, dando strumenti e strategie per riconoscere e definire le proprie difficoltà, per pensare e affrontare questioni critiche attuali, che hanno sicuramente origini antiche nella storia personale degli studenti. Tuttavia la consultazione non mira ad approfondire il senso e l'origine di tali vissuti e pensieri, ma intende dare allo studente una diversa chiave di lettura del disagio percepito e fornirgli prospettive differenti che lo aiutino a decifrare i propri bisogni e desideri.
Quando questo intervento non è sufficiente, perché lo studente ha un disagio più consistente ed esprime il bisogno di approfondire le questioni affrontate, o comunque fornisce indicazioni per un percorso psicoterapeutico, il follow up mira a pensare insieme allo studente altre forme di intervento che rispondano alle sue esigenze.
Conclusioni
In questo lavoro abbiamo provato a definire le motivazioni e le difficoltà alla base dei momenti di crisi che gli studenti sperimentano nelle diverse fasi del proprio percorso universitario.
Sentirsi "tondi", ma dover funzionare come "quadrati"
È questa l'immagine che molti studenti comunicano quando vivono una dissonanza tra quello che vorrebbero essere e quello che sono chiamati a essere. Sentirsi in questa condizione per molto tempo può essere motivo di crisi. La consultazione psicologica aiuta gli studenti a pensare che la risoluzione del proprio disagio non è nella scelta tra due opposti, dentro o fuori, in quanto è possibile far dialogare aspetti differenti di sé, che a volte vogliono cose diverse e sono in conflitto.
In questo lavoro abbiamo visto come uno studente può sentirsi in "crisi" per motivi differenti e per difficoltà proprie della fase evolutiva che attraversa. Ci sono momenti che più di altri possono generare la crisi: prima o dopo la scelta universitaria e alla fine del percorso formativo. In questi periodi lo studente è più vulnerabile alle difficoltà di varia natura che si possono presentare. 
La consultazione psicologica per uno studente "in balia della crisi" non è una presa in carico psicoterapeutica, come si aspettano alcuni studenti molto angosciati dal proprio disagio, ma non è nemmeno un semplice spazio di orientamento dove si forniscono facili rimedi.
Utilizzando una metafora di tipo biologico, potremmo dire che la consultazione funziona come un enzima catalizzatore che, una volta innescato, favorisce la reazione tra principi attivi già preesistenti e permette una trasformazione nell'organismo. Similmente la relazione psicologica tra lo psicologo e lo studente ha un potenziale trasformativo, non perché aggiunge elementi mancanti, ma perché sostiene le risorse preesistenti e crea collegamenti tra pensieri ed emozioni, fornendo nuove prospettive di osservazione e di lettura di sé e del proprio disagio.
 Bilancio del biennio 2011/2012
Di seguito sono riportati alcuni dati sul lavoro svolto nel biennio 2011/2012 per una maggiore comprensione dell'andamento dell'attività del servizio di consultazione psicologica per gli studenti universitari. Gli studenti che hanno usufruito del servizio nel 2011 e nel 2012 sono stati complessivamente 129, rispettivamente 66 nel 2011 e 63  nel 2012.
Nel 2011 abbiamo rilevato una percentuale del 55% di femmine, e una percentuale del 45% di maschi.
Nel 2012 è aumentato il numero delle richieste da parte di studenti, il 54%, mentre le studentesse sono state il 46%.
L'età media degli studenti che hanno richiesto la consultazione è di 25 anni sia per il 2011 sia per il 2012, tale età sembra riferirsi al momento della conclusione degli studi.
Sono tre i momenti cruciali nei quali viene richiesta la consultazione: il primo, intorno ai 21 anni, corrisponde al periodo iniziale del percorso universitario; il secondo, intorno ai 25 anni, rappresenta il momento della conclusione degli studi, e infine il terzo si riferisce alla fase attraversata dagli studenti "fuori corso", che hanno superato i 27 anni di età e non sono riusciti a concludere gli studi nei tempi previsti. Nel 2011 le richieste di consultazione psicologica si sono così distribuite:
- 15 studenti, intorno ai 21 anni, nel periodo iniziale del percorso universitario;
- 30 studenti intorno ai 25 anni di età, nel momento conclusivo degli studi;
- 21 studenti oltre i 27 anni, nella posizione di fuori corso.
Nel 2012 le richieste si sono così distribuite:
- 20 studenti tra 19 e 21 anni;
- 28 studenti intorno ai 25 anni;
- 15 studenti oltre i 27 anni di età.
Nel 2011 la maggior parte degli studenti proviene da CdS scientifici e nello specifico:
- gli studenti di Medicina sono il 36%;
- gli studenti di Scienze MM.FF.NN. sono il 12%;
- gli studenti di Ingegneria sono il 7%;
- gli studenti di Scienze Biotecnologiche sono il 7%.
Il restante 38% è costituito da studenti afferenti a CdS umanistici (Lingue, Psicologia, Giurisprudenza ed Economia).
Nel 2012 resta la prevalenza da parte di studenti afferenti a CdS scientifici e nello specifico:
gli studenti di Ingegneria sono il 22%;
gli studenti di Medicina sono il 19%;
gli studenti di Scienze MM.FF.NN. sono il 14%;
gli studenti di Scienze Biotecnologiche sono il 5%.
Il restante 40% è costituito da studenti afferenti a Dipartimenti umanistici (Psicologia, Lingue, Giurisprudenza ed Economia).
Bilancio del biennio 2013/2014
Di seguito sono riportati alcuni dati relativi al lavoro svolto nel biennio 2013/2014; i dati si riferiscono agli accessi al servizio da parte degli studenti fino al mese di luglio 2014. Gli studenti che hanno contattato il servizio nel 2013 e nel 2014 sono stati complessivamente 234, rispettivamente 130 nel 2013 e 104 nel 2014. Un totale di 12 studenti, precisamente 8 nel 2013 e 4 nel 2014, pur avendo richiesto la consulenza, non hanno usufruito del servizio.
Nel 2013 è stata rilevata una percentuale del 60% di femmine ed una percentuale del 40% di maschi.
Nel 2014 è stata rilevata una percentuale del 57% di femmine ed una percentuale del 43% di maschi.
L'età media degli studenti che hanno richiesto la consultazione è di 25 anni sia per il 2013 che per il 2014, come rilevato nel biennio precedente.
La distribuzione delle richieste di consultazione psicologica nei tre momenti cruciali sopra indicati è stata la seguente nel 2013:
- 38 studenti, intorno ai 21 anni, nel periodo iniziale del percorso universitario;
- 50 studenti intorno ai 25 anni di età, nel momento conclusivo degli studi;
- 34 studenti oltre i 27 anni, nella posizione di fuori corso.
Nel 2014 le richieste si sono così distribuite:
- 29 studenti tra 19 e 21 anni;
- 49 studenti intorno ai 25 anni;
- 22 studenti oltre i 27 anni di età.
Nel 2013 le percentuali di studenti provenienti da CdS scientifici sono:
- gli studenti di Medicina con il 23,1%;
- gli studenti di Scienze MM.FF.NN. con l'1,6%;
- gli studenti di Ingegneria con l'8,2%;
- gli studenti di Scienze Biotecnologiche con l'1,6%;
- gli studenti di Farmacia con il 4,1%;
La maggior parte degli studenti, invece, proviene da CdS umanistici:
- gli studenti di Lingue sono il 3,3%;
- gli studenti di Psicologia sono il 9,8%;
- gli studenti di Giurisprudenza sono l'8,2%;
- gli studenti di Economia sono il 4,1%;
- gli studenti di Lettere e Filosofia sono il 13,1%;
- gli studenti di Sociologia sono l'1,6%;
- gli studenti di Scienze Politiche sono il 5,8%;
- gli studenti di Architettura sono il 4,1%;
- gli studenti di Scienze del Servizio Sociale sono l'1,6% .
Hanno usufruito del servizio anche studenti provenienti da altri Atenei con un percentuale del 9,8% sul totale.
Nel 2014 invece emerge una prevalenza da parte di studenti provenienti da Dipartimenti scientifici e nello specifico:
- gli studenti di Ingegneria sono il 22%;
- gli studenti di Medicina sono il 34%;
- gli studenti di Scienze MM.FF.NN. sono il 5%;
- gli studenti di Scienze Biotecnologiche sono l'1%;
- gli studenti di Farmacia sono il 3%;
- gli studenti di Agraria sono l'1%;
- gli studenti di Fisioterapia l'1%.
Il restante 32% costituito da studenti provenienti da Facoltà umanistiche, e nello specifico:
- gli studenti di Psicologia sono il 5%;
- gli studenti di Giurisprudenza sono il 9%;
- gli studenti di Economia sono il 3%;
- gli studenti di Lettere e Filosofia sono il 6%;
- gli studenti di Sociologia sono il 4%;
- gli studenti di Scienze Politiche sono il 4%;
- gli studenti di Architettura sono l'1%.
Ha usufruito del servizio anche uno studente proveniente da diverso Ateneo.
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