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Gli studenti "fuori sede": tra desiderio di scoprire nuovi bisogni e paura di allontanarsi dalle proprie radici

di Maddalena Ligozzi

Diventare uno studente "fuori sede" è un banco di prova importante per molti giovani che a 19 anni decidono di intraprendere un percorso formativo universitario, trasferendosi dal loro paese d'origine in una città sconosciuta. 
L'esperienza maturata nel corso degli anni presso il servizio di Consultazione Psicologica per Studenti Universitari mi ha dato modo di riflettere sulla delicata condizione di questi studenti, per i quali cominciare a frequentare l'Università implica anche cambiare il proprio stile di vita e maturare un maggior senso di responsabilità per la gestione della propria autonomia.    
Molti giovani studenti decidono di trasferirsi a Napoli da paesi di provincia limitrofi, spesso distanti e/o poco collegati, che non offrono opportunità di crescita adeguate alle proprie esigenze. In alcuni casi si tratta di giovani motivati a intraprendere un percorso di studi specifico e disposti a rinunciare ai vantaggi dell'ambiente familiare; in altri casi si tratta di giovani che si rendono conto di non avere altra scelta, dal momento che il proprio contesto di appartenenza non offre possibilità formative post-diploma. Altre volte, infine, i giovani scelgono di studiare lontano dalla propria città perché sentono che quello è l'unico modo per sentirsi più "liberi", differenziandosi dalle pressioni e dalle influenze familiari, anche se non sempre è presente una chiara consapevolezza di ciò.  
In ciascuno di questi casi la decisione di trasferirsi rappresenta spesso una scelta complessa, a volte conflittuale, che implica sforzi e rinunce e, quindi, ha bisogno di essere sostenuta da una solida motivazione a intraprendere il percorso formativo prescelto.
Gli studenti "fuori sede" spesso provano sentimenti di rivalsa e di riscatto, proprio perché sentono di dover compiere sforzi maggiori per "emergere" e per avere successo. Tali sentimenti in alcuni casi possono determinare una notevole spinta verso il raggiungimento dei propri obiettivi e aiutare gli studenti a conseguire buoni risultati negli studi, come avviene nella consultazione che descriverò di seguito. Quando però l'inserimento e l'adattamento a un nuovo contesto educativo e di vita risulta arduo e ansiogeno, lo studente può andare in "crisi" e sentirsi solo e vulnerabile, rispetto a una serie di "compiti" che vengono vissuti come troppo "difficili" da affrontare.
Il lavoro psicologico breve offre allo studente la possibilità di riflettere e dar senso al proprio disagio e ai propri sforzi, dando valore ai risultati raggiunti, sostenendo le risorse e le capacità dello studente. La consultazione psicologica si caratterizza come "uno spazio per pensare" e può aiutare lo studente a contattare i propri desideri, sentendoli legittimi, e a superare il senso di solitudine che può emergere in una città sconosciuta.
Pur scegliendo di trasferirsi, non sempre gli studenti sono disponibili a un cambiamento, che può minare preesistenti immagini di sé. Si tratta, infatti, anche di un cambiamento interno che implica la necessità di affrontare nuovi compiti evolutivi, connessi alla responsabilità e all'autonomia, che possono essere fonte di ansia e di conflitto per uno studente.
All'interno della consultazione psicologica, gli studenti vengono aiutati a pensare che il cambiamento non è una minaccia, né una perdita delle proprie radici, ma un'opportunità di crescita che può sostenere la scoperta di bisogni e desideri nuovi e vitali. Nel corso dei colloqui  la percezione di un cambiamento possibile passa attraverso una maggiore consapevolezza di sé, delle proprie inclinazioni e dei conflitti vissuti tra differenti bisogni e paure. 
A tal proposito vorrei riportare brevemente il caso di una studentessa "fuori sede" di 22 anni,  iscritta al secondo anno del biennio specialistico in Ingegneria gestionale. Per la sua forte motivazione a intraprendere quel percorso di studi,  Martina si è trasferita  a Napoli da un paesino dell'avellinese ed è riuscita a superare abbastanza bene le prime difficoltà di adattamento al nuovo contesto di vita, "tuffandosi" a pieno negli studi universitari e dandosi una minima possibilità di alimentare le amicizie con le proprie coinquiline e con i colleghi universitari. In questo modo è riuscita a conseguire la laurea di primo livello con una media molto alta. Dopo il raggiungimento di questo primo traguardo ha sentito di potersi concedere una "boccata d'aria", dandosi maggiori possibilità di socializzare e di partecipare a occasioni mondane con un gruppo di compagni  del proprio corso di studi.
Martina richiede una consultazione psicologica, quando le mancano quattro esami per il conseguimento della laurea specialistica e, proprio ora che sta per terminare gli studi che ha sempre amato e ai quali si è sempre dedicata col massimo impegno, si sente in crisi perché tutto quello che l'ha sempre presa "di testa", compresi gli studi, adesso non le basta più.   
Da circa sei mesi si è fidanzata con un collega, che conosceva da tempo, verso il quale ha sentito un'attrazione che, prima ancora di essere fisica, è stata "mentale". Si è sentita coinvolta dalla sua acuta intelligenza.  Si tratta del suo primo ragazzo, dal momento che "non ha mai pensato a queste cose prima". Attualmente si sente abbastanza coinvolta emotivamente, esce tutti i giorni con lui e si sente molto compresa nei suoi bisogni e nei suoi desideri. Tuttavia ha paura di non riuscire a portare avanti gli studi, perché non vi dedica più lo stesso tempo di prima. A fatica riesce a dire di sentirsi "troppo" cercata e desiderata da questo ragazzo. Si rende conto di non essere pronta per questa "tempesta di emozioni" e rimpiange di aver impiegato il tempo del liceo solo per studiare e di non essersi concessa lo spazio emotivo per la sfera delle relazioni intime. 
Nel corso dei colloqui Martina comunica il suo dolore per i pensieri ripetitivi che la stanno assillando e non le consentono di concentrarsi sullo studio: si chiede se questo ragazzo va bene per lei, si sente molto compresa, ma ha paura di lasciarsi andare, teme che avere rapporti sessuali con lui significhi sceglierlo "per sempre", "portarlo a casa" dai suoi genitori, mentre attualmente vorrebbe avere altre esperienze, che nella sua vita sono mancate.
Emerge poi l'indecisione e la paura di tornare nel suo paese di origine, dal momento che tra qualche mese non dovrà più frequentare i corsi universitari e potrà concedersi un tempo per studiare e terminare gli studi anche a casa, non avrà più un motivo "serio", che sia un alibi per restare a Napoli. I suoi genitori non le chiedono di tornare, ma Martina si sente molto combattuta perché da un lato vorrebbe creare una distanza dall'ambiente universitario, per riuscire a capire se questo ragazzo le mancherà e per ritrovare la giusta concentrazione per studiare, dall'altro però sa che nel suo paese non si sentirà libera di uscire e di concedersi spazi vitali. Lì non si sente più a suo agio come riesce a stare qui a Napoli. 
Attraverso la consultazione psicologica Martina riesce a fare chiarezza dentro di sé, distinguendo da un lato il bisogno di alimentare sentimenti ed emozioni, connessi a un'immagine adulta di giovane donna, che si sente responsabile non solo nei compiti formativi, ma anche nella sfera delle relazioni intime, dall'altro la paura di perdere il controllo e di differenziarsi troppo dall'identità di ragazza studiosa di provincia, tanto radicata in lei. La relazione sentimentale con un ragazzo che la desidera, ma aspetta i suoi tempi e non le fa pressioni, le consente di concedersi un'esperienza sentimentale significativa con un uomo, senza per questo pensare di doverlo scegliere "per sempre", come le impone la sua identità di ragazza di provincia che ha paura del giudizio.
La storia di Martina, come quella di tanti studenti, ci consente di comprendere che anche negli studenti che riescono a conseguire buoni risultati sul piano universitario, possono presentarsi momenti di crisi, che a volte determinano un blocco nello studio, per cui richiedono uno spazio di riflessione. Tali momenti sono il risultato dell'intreccio e della reciproca influenza tra la capacità di apprendere e i vissuti emotivi connessi al cambiamento, alla necessità di affrontare nuovi compiti evolutivi e al riemergere di conflitti connessi alle proprie origini e alla propria storia personale.
Attraverso il lavoro psicologico è possibile distinguere tra tali aspetti, provando a esplorarli attraverso differenti prospettive, che sostengono la crescita e le risorse dello studente, aiutandolo a pensare alle proprie difficoltà, comprendendone il senso, senza doverle subire passivamente.