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Editoriale

Tra ottimalità e praticità

di Paolo Valerio

Come i lettori sanno, la nostra newsletter si ispira alla metafora del viaggio, dal momento che al Centro SInAPSi riteniamo opportuno vedere l'inclusione da questa prospettiva, che ha a che fare con orizzonti aperti, esploratività, possibilità di ampliare le proprie conoscenze e di fare sempre nuove esperienze. Enfatizzando il carattere 'viaggiante' dell'inclusione cerchiamo di preservare tale nozione dal rischio di una proceduralizzazione anonima e meccanica. Non che non vi siano modalità consolidate di intervento - altrimenti, più che compiere un viaggio, rischieremmo un girovagare inconcludente - ma esse non possono mai essere date per scontate e non debbono mai offuscare la nostra capacità di ascolto delle diversità. La mera proceduralizzazione, più che al viaggio, assomiglierebbe al turismo dove tutto è pre-programmato, si sa in anticipo che posti andare a vedere, spesso si ricercano locali e alberghi che non siano troppo dissimili dalla nostra quotidianità, sicché lo spostamento geografico non corrisponde ad alcuna genuina esperienza.
Una delle ricchezze dei viaggi è l'opportunità degli incontri e la possibilità di fare tratti di strada insieme con persone che all'inizio non si conoscevano e con le quali si scoprono affinità insospettate. Per questo, ogni volta che ce n'è occasione, la newsletter si apre con la sezione "Compagni di viaggio", in cui ospitiamo le testimonianze e i racconti di colleghi, professionisti e studenti con i quali SInAPSi è venuto a contatto.
In questo numero abbiamo due di queste testimonianze, su cui voglio brevemente concentrarmi. Quelle raccolte da Livia Nasti fanno riferimento a un corso organizzato da SInAPSi insieme con l'Ufficio Scolastico Regionale e focalizzato sul riconoscimento precoce e sulla gestione dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia). È da molti anni che il nostro Centro cerca di coltivare i rapporti con le scuole, per almeno due ragioni: in primo luogo, se si prende sul serio la continuità del processo formativo dei soggetti - un principio che la pedagogia ha ormai acquisito - la frammentazione e separatezza dei percorsi educativi non può che riverberarsi in un'approssimazione degli interventi. Ci si deve muovere su un crinale sottilissimo: da un lato, la transizione da un ordine a un altro del sistema formativo va riconosciuta nelle sue valenze anche esistenziali (quasi fosse il corrispondente, nelle società moderne, degli antichi riti di passaggio); dall'altro però, non si deve smarrire il senso della continuità e, quindi, bisogna costruire alleanze fra i docenti e professionisti operanti nei vari ordini e gradi. Lo studente che si iscrive all'università ha una sua storia di apprendimenti e sarebbe stolido non tenerne conto. Non si può lavorare nell'orizzonte dell'inclusione cancellando tale storia, quasi che l'iscrizione in un corso di studi universitario sia l'anno zero. Ma, perché questa alleanza funzioni - ed è questa la seconda delle summenzionate ragioni -, c'è bisogno della condivisione di pratiche e strategie. A SInAPSi ci sforziamo, quindi, di non immaginare i corsi che organizziamo come la mera erogazione di conoscenze fissate, bensì come occasioni per condividere expertise - quelle maturate dai professionisti di SInAPSi in oltre 10 anni di attività e quelle dei colleghi docenti nelle scuole nella loro opera di insegnanti ed educatori. Per questo un amico di SInAPSi, il Prof. Bruno Galante, ci ha invitato a chiamare questo spazio di incontro non "SInAPSi per le scuole" ma "SInAPSi con le scuole".
La seconda testimonianza è quella di uno studente di dottorato della Federico II, che si avvale dei nostri servizi. L'ho trovata particolarmente stimolante perché mi ha fatto scoprire, con un linguaggio comprensibile anche a un profano come me, un'area di ricerca che non conoscevo e che è fondamentale nelle nostre vite quotidiane: l'Ottimizzazione Combinatoria, un ramo della Matematica applicata, chiamata anche Ricerca Operativa o Teoria delle Decisioni. Rimando il lettore all'interessantissimo breve contributo del Dott. Mele per scoprire di che cosa si tratta e mi soffermo solo su un aspetto. Nell'articolo si parla della esigenza di un "compromesso tra ottimalità e praticità", che è alla base di molti algoritmi che vengono adoperati nella gestione dei problemi di cui si occupa questa branca del sapere matematico.
Questa espressione mi colpisce come una sintesi efficace anche del lavoro dell'inclusione. Per quanto vi debba essere la tensione verso la ricerca della soluzione migliore, un perseguimento dell'ottimalità - a scapito della realizzabilità effettiva degli interventi - si tradurrebbe, infatti, per una tragica eterogenesi dei fini, proprio in un fallimento in termini di inclusione. L'inclusione è un viaggio proprio perché, nel cercare di mettere in pratica azioni efficaci, sposta l'asticella dell'ottimalità sempre più in alto, imponendoci sempre nuovi traguardi. In un certo senso, l'inclusione come processo abita questo spazio di mezzo tra ottimalità e praticità ed è questo il suo radicale inter-esse (da intendersi etimologicamente come uno stare-tra). Ed è questo che dà a noi e ai nostri compagni il piacere del viaggio. Ma anche la consapevolezza dell'impegno che richiede, senza accontentarsi di mappe tracciate una volta per tutte e di destinazioni determinate in anticipo.