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Una mappa per studiare all'università

di Marianna Capo, Maddalena Ligozzi, Brigida Vergona

Nella nostra esperienza è emersa frequentemente, tra gli studenti, la richiesta di comprendere meglio i motivi delle difficoltà incontrate nello studio, che spesso si traducono in rallentamenti o in veri e propri blocchi nel percorso formativo.
Nei periodi di impasse, infatti, tra gli studenti si possono accendere dubbi e insicurezze sulla propria capacità di apprendere e/o di interiorizzare e talvolta anche sulla propria motivazione allo studio, che sembra risentire di vissuti quali "non riuscire a rendere come dovrebbero", "non sentire riconosciuto il proprio sforzo", " non sentirsi abbastanza gratificati". Molti studenti infatti, in tali fasi del percorso di studio, si interrogano spesso sulla bontà del proprio metodo di studio, vorrebbero essere aiutati a trovare un metodo migliore e ci chiedono quali sono le strategie per riuscire a studiare in modo efficace.
Per questo motivo, tra le attività proposte dai Servizi per il Successo Formativo del Centro SInAPSi è stato attivato, da un paio di anni ormai, un nuovo percorso formativo denominato "Strategie e competenze per studiare all'Università", che intende favorire negli studenti una maggiore consapevolezza circa le componenti che incidono sullo studio. Negli studenti emerge, infatti, un forte bisogno di essere aiutati in maniera più concreta a distinguere tra aspetti diversi che incidono nello studio e a risolvere problemi, quali la difficoltà a concentrarsi, la scarsa capacità di programmare, organizzare e gestire i tempi e le modalità di studio.
All'interno di questo percorso vengono esplorate aree quali: la motivazione alla base della scelta del corso di studi; l'interesse e la soddisfazione che gli studenti esprimono in relazione a tale scelta nel presente; l'impegno nello studio e il valore che viene attribuito allo studio, la convinzione di efficacia percepita; le reazioni emotive, l'autocontrollo, la richiesta di aiuto; alcune dimensioni cognitive, quali la meta-comprensione, l'apprendimento attivo, l'organizzazione delle conoscenze, lo stile di apprendimento; la definizione degli obiettivi a breve e medio-lungo termine; la capacità di autoregolarsi in funzione di un obiettivo da raggiungere.
Attraverso questo lavoro, ancora in fase sperimentale, abbiamo osservato che nella maggior parte dei casi le difficoltà degli studenti non riguardano solo la capacità di studiare. Molto spesso, si tratta di studenti che hanno un buon metodo di studio, ma non sempre ne sono consapevoli. Spesso hanno avuto un buon inizio, però poi c'è stato un cambiamento, a volte graduale, nella motivazione a proseguire per ragioni diverse.
All'interno di questo percorso formativo è possibile riflettere sulle varie dimensioni connesse allo studio. Proveremo a proporre qui alcune considerazioni emerse attraverso il nostro lavoro. Si parte dalla scelta del corso di studi. Scegliere un corso di studi, infatti, significa iniziare a porre le fondamenta per costruire il proprio futuro. Se la scelta è connessa a sogni, desideri e interessi personali, l'impegno potrà dare maggiori soddisfazioni e, magari, resistere e persistere anche di fronte alle difficoltà.
Come si fa a trasformare un sogno in un progetto? Iniziare gli studi universitari è un po' come iniziare una nuova avventura: l'entusiasmo e il timore viaggiano insieme.
Un sogno può diventare un progetto, ma quando le difficoltà sembrano troppe, allora quel sogno può trasformarsi in un vero incubo.
Agli studenti viene chiesto quanto sono disposti a impegnarsi per realizzare il proprio sogno. E se considerano l'impegno un valore importante al fine di ottenere un risultato soddisfacente.

 

Studi il "minimo indispensabile" o "fino all'ultima pagina"?

Talvolta tra gli studenti si insinua la logica del fare il "minimo indispensabile" per andare avanti. Altre volte, invece, prevale il modello "fino all'ultima pagina".
Lo studente del "minimo indispensabile", dedica poco tempo allo studio a volte perché è convinto di farcela lo stesso, magari con un po' di fortuna, o perché fa leva sulla propria capacità di "arrampicarsi sugli specchi". Altre volte, invece, la sua agenda è troppo carica di impegni e lo studio occupa uno spazio tra i tanti.
Lo studente che segue la logica "fino all'ultima pagina" non ha molto tempo per altre cose che non siano lo studio, o forse non se lo riesce a concedere. Si sente più tranquillo se va all'esame con l'idea di una preparazione "perfetta", senza alcuna lacuna. In questo modo crede di avere un maggiore controllo di fronte all'incertezza di una situazione di esame.
Si tratta di due modi estremi di gestire la propria tensione di fronte all'esame: aggirandola e distraendosi come quando ci si dedica poco allo studio, per fare spazio ad altre cose, oppure concentrandosi esclusivamente su di essa, come quando lo studio prende tutto lo spazio.
Riuscire a trovare una propria distanza da questi modi estremi di vivere la tensione, consentirebbe di impegnarsi in maniera più soddisfacente nello studio.

 

Nello studio hai "la faccia tosta" o ti senti spesso "in attesa della catastrofe"?

Altre dimensioni implicate nella capacità di studiare sono la convinzione di riuscire e la gestione delle emozioni, aspetti sicuramente connessi alla propria storia formativa pregressa.
Ci sono studenti che si sentono talmente convinti delle proprie capacità di cavarsela anche di fronte agli imprevisti, da riuscire ad avere buoni risultati anche se non hanno studiato molto. Riescono infatti a gestire la propria ansia e le proprie emozioni nel rispondere a una domanda della quale non conoscono la risposta durante un'interrogazione programmata. Questi studenti noti come quelli dalla "faccia tosta" hanno probabilmente quella giusta dose di convinzione e di fiducia nella proprie capacità di farcela, che si costruisce attraverso le esperienze della propria storia, nel proprio ambiente di vita.
Ci sono, poi, gli studenti che, se interrogati all'improvviso, magari quando non hanno studiato bene, si paralizzano e rischiano di fare scena muta pur conoscendo in parte l'argomento. In questi casi l'ansia è talmente forte che non riescono nemmeno ad ascoltare la domanda del docente, perché si sentono invasi dalla paura di sbagliare, di essere giudicati negativamente, sicuri di avere un brutto voto. In questi casi quando le cose vanno male, si sperimenta il vissuto di un vero fallimento.
Questi studenti perennemente insicuri che potremmo definire quelli "in attesa della catastrofe", non riescono a fidarsi di sé e delle proprie risorse per fronteggiare situazioni complesse, anche perché sono poco convinti delle proprie capacità di riuscire nelle difficoltà.

Cosa rischiano questi studenti all'Università?
Lo studente "dalla faccia tosta", se da un lato, viene aiutato dalla propria convinzione di riuscire per cui spesso riesce a rendere al massimo anche se ha studiato poco, dall'altro però, quando la presunzione e la superficialità diventano eccessive, rischia di sottovalutare l'impegno che ci vuole nello studio e di andare male all'esame, se si presenta senza aver studiato. In questo modo tende ad accumulare insuccessi che possono diventare pesanti, condizionando la stima di sé.
Invece, lo studente che abbiamo definito "in attesa della catastrofe" rischia di rimanere bloccato perché, spesso, all'ansia si associano pensieri negativi del tipo: "il docente mi chiederà quello che non so", "penserà che sono un incapace", "penserà che non valgo niente". Questi pensieri possono farlo sentire "bocciato" e "fallito" prima ancora di cominciare a studiare. Tali studenti, di solito, tendono a studiare con l'ansia e a rimandare continuamente il momento dell'esame, pensando di non avere ancora una preparazione adeguata. Tuttavia il problema non è la scarsa conoscenza degli argomenti, ma la convinzione di non riuscire, a volte la bassa stima di sé, che in molti casi, si associa a una difficoltà a gestire forti emozioni. In questi casi è importante riflettere sulle motivazioni alla base della scelta e su quanto la scarsa convinzione di riuscire sia connessa alle vicende della propria vita.
Infatti la sfiducia in sé e il senso di fallimento possono derivare dai risultati negativi ottenuti nel percorso di studi o/e da esperienze formative deludenti con adulti di riferimento (genitori, maestri, insegnanti etc.).
Con gli studenti, si riflette sulla loro posizione tra i due estremi appena descritti: quanto sono convinti di avere le capacità per portare avanti il loro progetto? Con quali emozioni, aspettative, preoccupazioni si apprestano a studiare?
I risultati di un esame possono attivare reazioni emotive negative o positive a seconda dei casi.
Ad esempio i risultati negativi possono aumentare le paure e le difficoltà a studiare, rallentando o ostacolando la ripresa dello studio, ma possono anche alimentare idee distorte e preconcetti sui docenti.
Molte volte gli studenti tendono ad attribuire a condizioni esterne la causa dei loro insuccessi, al docente stesso attribuiscono l'esito di un esame andato male ... "proprio quello più severo mi doveva capitare?", o alla sfortuna un voto poco soddisfacente ... "proprio quello che non so mi doveva chiedere?".
I risultati positivi, invece, possono fungere da motore e possono sostenere e agevolare lo studio di esami successivi.
L'ansia di fronte a un esame è un serio ostacolo per molti studenti. Essa rappresenta uno dei principali motivi di rallentamento e di blocco negli studi. Per affrontare l'ansia, bisogna innanzitutto imparare a riconoscerla e a gestirla.

 

Ti senti "protagonista" o "comparsa" nell'affrontare lo studio?

All'interno del nostro percorso proviamo a capire quanto uno studente si senta "protagonista" o "comparsa" quando affronta un programma di studio.
Non sempre gli studenti sono consapevoli del proprio modo di studiare, delle conoscenze e delle risorse possedute, tanto meno dei punti di forza e dei punti di debolezza del proprio apprendimento.
Insieme si cerca di capire come gli studenti sono abituati a studiare, se il loro modo di studiare funziona, ossia riescono a comprendere e a memorizzare gli argomenti. Quanto vale per loro il lavoro e la concentrazione in aula durante la lezione e se riescono a pianificare un programma di studio e a rispettarne i tempi. Infine si riflette su quanto essi sono capaci di ridefinire gli obiettivi prefissati quando si presentano impedimenti e/o rallentamenti.
Porsi queste questioni aiuta a riflettere sull'importanza di essere attivamente coinvolti e concentrati nello studio al fine di ricordare meglio e per un tempo maggiore.
Lo studente "protagonista" sa che è fondamentale dedicare tempo allo studio. Sa anche come deve ripetere per ricordare meglio e per "aggiustare" il discorso.
Per diventare "padrone" del proprio studio, lo studente "protagonista" si "allena" per imparare, fare collegamenti tra gli argomenti e ricordare.
Lo studente "protagonista" ha un bagaglio di sicurezza in sé, che probabilmente un po' dipende dalle proprie attitudini, un po' dalla propria storia personale. In altre parole, si è sentito incoraggiato a portare avanti un impegno, è stato abituato ed è motivato all'autonomia e alla responsabilità del proprio modo di studiare. Per questo si mette alla prova e 'si implica' nelle cose che sceglie di fare. Viceversa lo studente "comparsa" ha difficoltà a programmare e a gestire il proprio studio perché non è stato abituato a farlo, forse ha vissuto la scuola solo come un obbligo e non come un proprio interesse. Studiando con disimpegno, può aver accumulato lacune, per cui pensa di non avere le competenze adeguate per studiare all'Università.
Lo studente "comparsa", fidandosi poco di sé, tende ad appoggiarsi agli altri, perché pensa che studino meglio di lui. Magari non si concentra molto in aula, sta sullo sfondo, proprio come "una comparsa" e preferisce affidarsi al registratore, al libro, o alle dispense del docente, o ancora agli appunti degli studenti più bravi.
Questi sono due esempi estremi di come gli studenti con il proprio bagaglio personale possono affrontare l'impegno che richiede lo studio. Nel mezzo ci sono tante varianti di queste situazioni.
Conoscersi e riflettere su di sé è una competenza fondamentale che sostiene la capacità di autoregolare il proprio studio e di riconoscere le proprie potenzialità, le risorse e i limiti.
Apprendere può significare concentrarsi, fare schemi, trovare strategie per ricordare, ma anche affidarsi al registratore, al libro e agli appunti.
Lo studio e l'apprendimento, difatti, non consistono nella semplice registrazione di informazioni e concetti, piuttosto apprendiamo quando riusciamo a fare nostre le sollecitazioni che ci vengono offerte, riorganizzandole fra di loro e in rapporto alle conoscenze che già possediamo. Da questo punto di vista, le mappe e gli schemi favoriscono l'elaborazione personale degli argomenti da studiare e possono costituire utili dispositivi per migliorare l'efficacia dell'apprendimento.
Il registratore in aula può essere uno strumento utile, se è però sostenuto da attenzione e concentrazione durante la lezione, inoltre, le registrazioni non devono essere usate nell'illusione di "imparare tutto" perché nello studio il lavoro di sintesi e selezione è fondamentale.
Mantenere la concentrazione e l'attenzione anche durante la lezione può essere un buon esercizio per allenare la mente e prepararla al compito, inoltre intervenire in aula con riflessioni e domande può ridimensionare la paura dell'esame e del docente.
Organizzare le conoscenze in maniera efficace è utile per apprendere e per ricordare meglio: un po' come sistemare e suddividere indumenti differenti in cassetti separati per poterli ritrovare più facilmente. Ognuno di noi ha un diverso stile cognitivo che gli consente di imparare, "sistemare" e ricordare le informazioni in modo personale.

 

Quale stile cognitivo prevale maggiormente nel tuo studio?

Lo stile cognitivo è la modalità personale di approcciarsi alla conoscenza, di elaborare l'informazione, di trattenerla nella memoria e di organizzare i tempi e i modi dello studio. Quindi, lo stile non consiste in una serie di strategie, ma nel modo personale di utilizzarle. Ad esempio rispetto all'organizzazione del tempo, ci sono studenti che utilizzano il tempo in funzione della realizzazione di un solo obiettivo, altri che, invece, lo utilizzano in funzione del raggiungimento di molteplici scopi. I due studenti possiedono entrambi la strategia per organizzare il tempo, ma la utilizzano in modo differente.
Attenzione! La caratteristica prioritaria degli stili cognitivi è che nessuno è superiore o migliore dell'altro: dipende dalla situazione!
Il percorso "Strategie e competenze per studiare all'Università" offre la possibilità di riflettere sulle modalità di studio, sostenendo la scoperta degli stili cognitivi che lo studente utilizza preferenzialmente e altresì alla conoscenza di quelli che non adotta abitualmente. La condizione ottimale viene raggiunta quando una persona è in grado di utilizzare differenti stili cognitivi in modo flessibile e sinergico, adattandoli alle richieste esterne e ai differenti contesti.
La disamina sugli stili non ha lo scopo di minimizzare la complessità del proprio modo di essere e di funzionare, ma vuole essere una guida per avviare un confronto tra posizioni e stili differenti che dentro di noi possono dialogare in momenti e situazioni diverse.

 

Se lo studente va in crisi ...

Nonostante i tentativi di trovare un adattamento e un equilibrio tra i diversi fattori che abbiamo qui descritto e che possono incidere sullo studio, può capitare comunque di andare in crisi.
Forse perché la scelta si fondava maggiormente su spinte esterne ... ad esempio: "scelgo economia perché poi lavorerò nello studio commercialista di mio padre" "provo Medicina, perché i medici sono ben pagati", "scelgo Ingegneria, perché i miei genitori vorrebbero questo per me" etc.
Insomma quanto conta nella vita avere un titolo competitivo e spendibile nel confronto con gli altri? Quanto contano le aspettative delle persone vicine o lontane?
Una spinta esterna può essere utile a canalizzare le proprie energie, ma va sostenuta anche da interessi e desideri personali.
L'interesse per lo studio e la tendenza a vivere l'apprendimento come un'esperienza coinvolgente, e non solo con senso del dovere, sono ingredienti indispensabili per sentirsi in sintonia con le proprie scelte formative. 
Si può andare in crisi e non riuscire più a studiare per diverse vicende personali, non solo universitarie.
Come uscire dalla crisi?
Chiedere aiuto può essere una strategia utile, specie quando ci si sente demoralizzati o privi di energie e fiducia in sé. Chiedere aiuto attraverso una email o un incontro con un esperto, o ancora partecipando a questo percorso formativo, può essere un modo naturale per superare le proprie difficoltà. Chiedere aiuto è un atto di forza e non significa essere deboli, ma, viceversa, guardare con maturità i propri limiti e riconoscere che l'apprendimento e la conoscenza nascono da una relazione di reciproco scambio.
Al termine del nostro percorso, viene consegnato ai partecipanti un profilo personale sulle dimensioni emerse rispetto allo studio che lo studente potrà conservare come un prodotto finale, costruito in maniera partecipata durante questa esperienza formativa. Per prendere parte a questa esperienza, gli studenti possono scrivere una mail a mapper.sinapsi@unina.it